Smart mobility europea: spingere su R&D e libera concorrenzaL'IDEA DI ALBERTO CAZZANI*

Una politica di diversificazione delle fonti a monte e una di smart mobility a valle. Se l’Europa vuole arrivare alla meta ambiziosa delle “Zero emission 2050”, deve cambiare rotta e favorire gli investimenti in R&D finalizzati alla neutralità tecnologica.

CAR-FREE DAY          

Quanto sono servite le domeniche a piedi per rendere più pulita l’aria delle nostre città? A nulla. Eppure nella sua ambiziosa e giusta campagna di “Zero emission 2050”, l’Unione europea insiste a promuoverle. Tra le tante proposte avanzate nel corso della “Settimana europea della mobilità”, di settembre scorso, c’è stata appunto quella di fare del Car-free day una sorta di appuntamento obbligatorio per tutti i Paesi membri. Siamo di fronte a una soluzione sbrigativa, con cui – facendo dell’auto un capro espiatorio delle nostre colpe – si pretende di nascondere il problema e così convincersi che sia risolto.

COSA NON VA

Come al tavolo della roulette, Bruxelles sta puntando tutto sul rosso: solo elettrico! Negando la fattibilità di soluzioni alternative, magari anche più efficienti. Favorire l’auto elettrica può avere un senso, infatti. Ma non se altri mezzi di trasporto e altre fonti energetiche – tradizionali quanto innovative – vengono censurate a priori. 
L’emissione di CO2 dei mezzi di trasporto rappresenta una quota importante per l’impatto ambientale. Tuttavia, non va dimenticato che il processo di surriscaldamento terrestre è generato anche da fattori estranei all’impatto dell’uomo sulla natura. 
Inoltre, per quanto in aumento, la CO2 prodotta dall’uomo resta sempre una minima quota rispetto alle emissioni generate da fattori naturali (oceani e vegetazione). In questo caso, va detto, la CO2 naturale viene bilanciata dal suo ri-assorbimento, mentre solo il 40% di quella umana viene trattenuta dalla natura. Ne consegue che il problema sta nel come gestire questo 60% di emissioni di CO2 da noi generate e di cui la Terra non sa cosa farsene.
La vera transizione energetica consiste nel rendersi conto che non stiamo parlando di scarti irrecuperabili, bensì di fonti energetiche secondarie, che possono diventare primarie.

COSA ANDREBBE FATTO      

Partiamo dal come. Prima di definire le forme di sostenibilità da implementare, bisogna capire con che approccio affrontarle. Le imprese devono agire in un regime di libera concorrenza per poter orientare le proprie risorse, in linea con l’identità e le politiche industriali che si sono prefissate. Se vogliamo che gli investimenti in innovazione abbiano un impatto virtuoso su ambiente e società, è necessario che chi compie questi stessi investimenti sia libero di indirizzarlinei settori più coerenti al contesto in cui opera.
Le soluzioni, collaterali all’elettrico e che permetterebbero di efficientare fonti già utilizzate sono tante e meritano di essere sostenute. Penso allo stoccaggio di anidride carbonica – il famoso Ccs, Carbon Capture and Storage – e allo sviluppo di carburanti di ultima generazione. A questo proposito, è interessante una recente indagine di Scania effettuata sul mercato europeo, da cui emerge come l’Hvo, Hydrotreated Vegetable Oil, abbia una prestazione migliore di 25 punti percentuali, rispetto al full electric, in termini di emissioni di CO2, lungo tutta la filiera, dalla produzione al consumo finale.

Dando la possibilità di investire nella ricerca e nello sviluppo di tutti i settori energetici, comprese le più bistrattare non rinnovabili, si otterrebbe un pacchetto di offerta modulare e speculare all’identità dei territori e dei settori produttivi.
E allora il Paese che ha tanto gas faccia ricerca e sviluppo per come renderlo più sostenibile. Per esempio, implementando le tecniche di estrazione di idrogeno blu. Chi, a sua volta, ha tanto sole o vento investa in parchi fotovoltaici ed eolici. È questo alla base della neutralità tecnologica.
Applicato lo stesso ragionamento a valle, ovvero alla mobilità, questa è sostenibile solo se smart. Ovvero se all’utente finale si propone un’offerta diversificata di mezzi che rispondano a tutte le sue esigenze di viaggio e alle sue prospettive ambientali. Dall’Ncc, che può essere full electric, rapido nella percorrenza, ma esclusivo per la singola persona, al trasporto pubblico che può andare a soddisfare la domanda di grandi proporzioni. A patto però che sia soggetto a una politica di rinnovo dei mezzi, con l’introduzione di quelli a idrogeno anche nel servizio extraurbano. Per la cronaca, va ricordato che i motori a idrogeno garantiscono la medesima performance (zero emissioni), sia per gli elettrici, sia per quelli a scoppio.
Il successo del Green deal europeo risiede nell’intervento virtuoso delle imprese private, che agiscono in un sistema di libera concorrenza.

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*Consigliere delegato Gruppo Stav


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