Ursula, atto II: per i patrioti anti-Ue la parola d’ordine è désobéissanceL'IDEA DI ANTONIO PICASSO

Ursula von der Leyen cerca il bis alla Commissione Europea.  I tempi sono stretti, nessuna anticipazione dei lavori. E se si mette in conto che lo scrutinio è segreto e qualche parlamentare potrebbe dileguarsi, la strada è già in salita. 

Per la maggioranza Ursula tutto può ancora succedere. È di giovedì scorso la decisione della Conferenza dei Presidente – la corrispondente a Bruxelles della “capigruppo” a Montecitorio – di confermare l’agenda prevista per il voto di giovedì. Smentita quindi l’eventualità di anticipare i lavori per permettere ai parlamentari di andare un aeroporto e tornare a casa. Dichiarazione di von der Leyendibattito e votazione: tutto dovrà essere fatto tra le 9 del mattino le 14,45 del pomeriggio. La conferma alla Presidenza della Commissione è di 361 voti. Visti i tempi stretti, è plausibile che qualche parlamentare lasci l’emiciclo con la scusa di non voler perdere l’aereo. E così farebbe mancare il suo sostegno. Se poi si aggiunge che è previsto lo scrutinio segreto, si arriva a dire che, la strada è già in salita.

OPPOSIZIONE BIPOLARE: LA CHIAVE È DISOBBEDIENZA 

Superato questo scoglio, il problema sarà gestire un’opposizione bipolare, che ha molti strumenti con cui poter rendere difficile il lavoro della Commissione in Parlamento. Désobéissance, si diceva. Il paradosso è che il grido di battaglia dei populisti di destra e di sinistra è lo stesso. Perché lo stesso è il nemico: l’Europa burocratica, che comanda e impone. Il progetto di boicottaggio interno all’Ue (e a Parigi) di Bardella, come anche di Orban e di tutti gli europarlamentari Patrioti, è uguale e contrario a quello di Melenchon, o di Manon Aubry, voce tonante della France Insoumise a Strasburgo. Per entrambi gli estremismi, la disobbedienza è l’alternativa più efficace alla Brexit. Visto che a Londra è andata male, meglio erodere il sistema dall’interno. Obiettivo: porsi di traverso a qualunque tentativo di realizzazione di quel modello europeo che proprio Emmanuel Macron ha descritto nel suo discorso alla Sorbona neanche tre mesi fa. Un’Europa aperta alla libera circolazione delle merci e delle persone. Un’Europa protagonista dell’innovazione e della ricerca, dotata di una politica industriale a 27 e di un piano di investimenti comuni. “Un’Europa come potenza, che non vuole restare indietro.

ANTI-UE: LA VISIONE DELLA DESTRA PATRIOTTICA…

La destra patriottica non ha alcuna intenzione di identificarsi con questo modello. E come potrebbe? Non c’è mai un accenno, in quel discorso, alle nazioni, alle bandiere, alle patrie. Risentita e ferita per il gol mancato domenica scorsa in Francia, entra a Strasburgo con il coltello tra i denti. Forte dei suoi 88 parlamentari, è convinta di poter chiamare a bordo del suo nuovo progetto – questo sì fatto di identità che non vogliono coagularsi – popolari e conservatori disillusi dalla nascitura maggioranza Ursula Atto II. Nel caso poi che ostruzioni e altri sotterfugi non dovessero funzionare, i Patrioti sanno bene che ci sono i trattori da far scendere di nuovo in piazza. Come si è visto al voto del 9 giugno, la destra è certa di poter fare da magnete alla collera di quegli elettori e imprenditori che, tra automobili e case, si sono visti frugare nelle tasche e ferire nella dignità, da questa Europa arrogante, che pretende di dar lezione di come si fa impresa, si coltiva un campo o si restaura una casa.

… E DELLA SINISTRA UNITARIA 

Lo stesso può fare la Sinistra unitaria. Anzi. La sua disobbedienza è potenzialmente ancora più incisiva. Visto che Socialisti e Verdi un canale di dialogo con i suoi 47 membri lo tengono aperto. Non fosse altro per gli italiani dei 5s e del Pd. La forza degli anti-Ue sta nel poter attrarre ai propri estremi quei moderati la cui fede nell’Europa odierna sta scricchiolando. È un processo inverso a quello che la politica tenta di fare ogni giorno. Anziché diluire l’esasperazione, la si consolida indebolendo le correnti moderate e riformiste. Non è un lavoro facile. Soprattutto perché a far da mossiere resta il Ppe. Garantirsi la presidenza delle commissioni strategiche – agricoltura, industria, ricerca, salute e budget comunitario – significa avere in mano tutto il Green Deal e il REPowerEU. Ovvero quegli investimenti comuni di cui parlava Macron alla Sorbona. E così proteggerli da chissà quale follia di Orban. O chi per lui. Questo è il vero cordone sanitario. Non è un lavoro facile perché désobéissance, ostruzionismo e trattori non bastano a far da Piano B al discorso della Sorbona e tanto meno potranno contrastare il rapporto Draghi sulla competitività Ue, che sapientemente Bruxelles non ha ancora pubblicato. Cosa ci sia scritto in quel documento vorrebbero saperlo tutti. Certo è che non sarà un intralcio a imprese ed elettori moderati, traditi dalla passata legislatura e che ora non devono rimanere esposti alle lusinghe di M. Bardella et camarades.

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Articolo pubblicato su Il Riformista 

Image credits: courtesy of Il Riformista >>>

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