Obesità: la pandemia del XXI secolo. Un nuovo modo per diagnosticarlaDI MICHELE CARRUBA
- 4 March 2025
- Posted by: Competere
- Category: Lidea

Il 4 marzo è la Giornata Mondiale dell’Obesità, un’occasione importante per riflettere su una delle sfide più grandi per la salute pubblica. Ma cos’è davvero l’obesità? Il termine deriva dal latino obedere che significa “mangiare tanto” o “divorare”, da cui consegue un aumento di peso e quindi un ingrassamento. Fin dall’antichità, dunque, il termine obesità è stato legato all’aumento del peso corporeo e in particolare al grasso. Tuttavia, non è solo una questione estetica: è una vera e propria malattia, con serie conseguenze sulla salute e sulla qualità della vita.
COME SI MISURA L’OBESITÀ?
Da tempo immemorabile, per valutare se una persona è normopeso, sovrappeso o obesa, si misura il peso e lo si rapporta all’altezza. Si utilizza dunque l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI in inglese), calcolato dividendo il peso (kg) per il quadrato dell’altezza (m²). Secondo le linee guida, fra 18,5 e 24,9 si è normopeso, tra 25 e 29,9 in sovrappeso e chi supera il valore di 30 è considerato obeso.
Ma chi ha stabilito questi numeri? La loro origine deriva da studi condotti dalle compagnie di assicurazione interessate a stimare i rischi per la salute, in modo da poter modulare il prezzo delle polizze. I normopeso, con un BMI tra 18,5 e 24,9, hanno il più basso rischio di mortalità e di morbilità, mente il rischio aumenta esponenzialmente con un BMI oltre 30.
BMI: È DAVVERO SUFFICIENTE?
Da molti anni si è capito che il BMI, pur restando un valido strumento per valutazioni su larga scala, non è sufficiente per diagnosticare l’obesità a livello individuale. Non distingue se l’aumento del peso è dovuto a un eccesso di grasso o ad altri fattori, né indica dove il grasso sia localizzato. L’obesità, infatti, non è solo una questione di chili in più, ma una vera e propria disfunzione dell’organo adiposo. Diventa particolarmente pericolosa quando le cellule adipose si accumulano a livello viscerale e si riempiono fino al limite della loro capacità di immagazzinare i grassi. Questi andranno ad accumularsi a livello di altri organi e apparati – come muscoli, cuore, fegato – con conseguenze potenzialmente gravi per la salute.
OBESITÀ CLINICA O PRECLINICA? UNA NUOVA VISIONE
Recentemente, la commissione Lancet, composta da 56 esperti mondiali di un’ampia gamma di specialità mediche – comprese endocrinologia, medicina interna, chirurgia, biologia, dietologia e salute pubblica – ha proposto un nuovo approccio per la diagnosi di obesità. Questo metodo va oltre l’uso esclusivo del BMI, integrandolo con altre misurazioni per valutare in modo accurato la presenza e la distribuzione del tessuto adiposo. Oltre al tradizionale IMC, gli esperti suggeriscono di utilizzare:
- Circonferenza vita: misura del girovita per valutare l’accumulo di grasso addominale.
- Rapporto vita-fianchi o vita-altezza: indicatori che confrontano la circonferenza della vita con quella dei fianchi o con l’altezza, offrendo una stima della distribuzione del grasso corporeo.
- Misurazione diretta del tessuto adiposo: tecniche come la DEXA (assorbimetria a raggi X a doppia energia) o la scansione della densitometria ossea per quantificare con precisione la massa grassa.
Inoltre, la commissione ha fissato 18 criteri diagnostici per la diagnosi, basati su misure oggettive di patologia a livello individuale. Tra questi, emergono: dispnea, insufficienza cardiaca, dolore alle ginocchia o alle anche, alcune alterazioni osteoarticolari e altri segni causati da disfunzioni di altri organi (compresi reni, fegato, vie respiratorie, sistema nervoso, urinario, linfatico e riproduttivo).
Solo in presenza di uno o più di questi segni o sintomi l’obesità viene definita “obesità clinica”, cioè malattia cronica, progressiva e recidivante. In assenza di tali manifestazioni, la commissione propone la definizione di “obesità preclinica”, che può essere riferita a quegli individui che, pur in presenza di un’aumentata massa grassa, possono mantenere una normale funzione d’organo e un buono stato di salute globale per alcuni anni. Tuttavia, presentano un rischio elevato di sviluppare obesità clinica in futuro.
COME INTERVENIRE ? UNA STRATEGIA SU MISURA
Questa nuova classificazione della diagnosi permette un approccio terapeutico più differenziato e personalizzato, che potrebbe comprendere un accesso tempestivo ai trattamenti per gli individui con “obesità clinica” e strategie di trattamento per la riduzione del rischio per le persone con “obesità preclinica”.
In entrambi i casi, le persone affette da entrambi i tipi di obesità devono essere considerate ammalate, anche se le prime hanno una malattia conclamata e le seconde una malattia al momento clinicamente non significativa o indolente, per le quali si può pensare di applicare una procedura già proposta e applicata per i portatori di carcinoma prostatico a basso grado di aggressività. La cosiddetta “sorveglianza attiva”, che prevede l’introduzione in un protocollo con un monitoraggio a scadenze prefissate del paziente e una terapia mirata al miglioramento degli stili di vita prima che la malattia diventi grave.
COME POSSIAMO FERMARE L’EPIDEMIA?
L’obesità è un fenomeno complesso, che non può essere ridotto a un semplice numero sulla bilancia. Richiede un approccio integrato, basato sulla valutazione individuale, per evitare che milioni di persone sviluppino complicazioni evitabili. Cosa possiamo fare, allora? Prevenzione, educazione alimentare nelle scuole sin dalla giovane età e attività fisica devono essere alla base. E qui entra in gioco la dieta mediterranea, riconosciuta come uno dei modelli alimentari più salutari al mondo. Ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce e olio extravergine d’oliva, non solo aiuta a controllare il peso, ma protegge anche il cuore e il metabolismo.
Forse la chiave per contrastare l’obesità non è solo contare le calorie o salire spesso sulla bilancia, ma tornare a mangiare con equilibrio, gusto e consapevolezza.