Trump e Brexit, la Soluzione è il Libero Scambio

Ieri, a Washington, Competere e la Global Trade & Innovation Policy hanno lanciato una dichiarazione congiunta in difesa del libero commercio e della globalizzazione, un segnale forte per sostenere la crescita e lo sviluppo, ma soprattutto una risposta corale alle politiche protezionistiche della nuova amministrazione USA e UK.

Reagire alla minaccia demagogica è più facile di quanto si possa credere, facendo leva proprio su quello strumento che tanto è demonizzato: il libero scambio. L’UE a 27 deve, infatti, evitare di contrattaccare le mosse protezioniste di Trump, tener fede al suo programma di apertura verso nuovi mercati, affrontare le trattative con il Regno Unito nel modo più amichevole possibile e ridurre le proprie barriere in quei settori ancora troppo protetti come, ad esempio, quello agricolo.

Fino ad ora, infatti, l’apertura verso nuovi mercati è stata l’àncora di salvataggio dell’Unione Europea ed ha garantito a decine di milioni di cittadini europei un posto di lavoro. Contrariamente a quanto ci viene spesso raccontato dai protezionisti, il libero scambio ha reso l’intera Unione Europea, Italia compresa, più ricca e prospera.

Secondo quanto viene riportato in un recente studio della Commissione europea (2015), tra il 1995 ed il 2011, il numero di lavori europei legati alle esportazioni verso il resto del mondo è aumentato del 67%, superando quota 31 milioni. In altre parole, tra il 1995 ed il 2011, la politica commerciale comune dell’Unione ha portato alla creazione di 12,5 milioni di posti di lavoro. Perché questi dati non vengono usati nel dibattito politico?

Che il libero scambio e la globalizzazione possano presentare numeri tanto notevoli non deve sorprendere perché:

  • Il libero (e trasparente) commercio tende a massimizzare il welfare dei cittadini;
  • Si creano le economie di scala per i produttori;
  • Viene ridotta la povertà;
  • Aumenta la competitività, e di conseguenza innovazione e produttività;
  • Vengono diffuse conoscenze e competenze.

Nel corso di questi ultimi due decenni l’Unione Europea è riuscita, infatti, a ritagliarsi una posizione di vantaggio comparato in ambito commerciale. Per questo è necessario che i 27 Paesi membri e le istituzioni europee non si facciano intimidire dal protezionismo annunciato a suon di tromba dal Presidente Trump e dalle future negoziazioni con la Gran Bretagna.

Se l’Europa, nel corso della sua lunghissima storia, è riuscita a diventare una delle aree più ricche del mondo lo deve al commercio internazionale, questo è ciò che sfugge ai nuovi falsi profeti del protezionismo.

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