Piano Energetico UE: Tutti Rimandati
- 9 July 2019
- Posted by: Competere
- Categories: highlights, News
Piano Energetico UE: la Commissione Europea non promuove nessuno dei 28 Piani Nazionali Energia-Clima (PNEC). Gli stati membri hanno tempo fino alla fine dell’anno per rimodulare le proposte ed avvicinarle maggiormente all’Accordo di Parigi. Come muoversi da qui?
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PERCHÉ È IMPORTANTE Il Piano Nazionale Energia e Clima nasce con lo scopo di fornire risposte alle sempre più pressanti questioni energetiche e climatiche. Il PNEC, che deve essere realizzato da ogni Stato membro dell’UE, dovrebbe – sulla carta – delineare in modo nitido le strategie energetiche per il futuro, perseguendo gli obiettivi comunitari e rispettando le previsioni della regolamentazione attualmente in vigore.
L’interconnessione delle sfide energetiche e climatiche con quelle dell’innovazione e dello sviluppo è il punto di partenza per poter pianificare investimenti di medio-lungo periodo. La riduzione dei costi legata all’automazione tecnologica potrebbe, infatti, garantire alle alternative rinnovabili di vincere il confronto con le fonti tradizionali.
Le Nazioni Unite hanno recentemente confermato che un concreto avviamento di politiche climatiche a livello mondiale porterebbe alla creazione di oltre 65 milioni di posti di lavoro. Investire maggiormente nella transizione energetica vuol dire anche coinvolgere il tessuto produttivo e imprenditoriale a livello nazionale, comprendendo numerose PMI in grado di generare benessere e occupazione sul territorio.
TUTTI RIMANDATI Quale il verdetto della Commissione sui PNEC nazionali presentati? Purtroppo nessuno promosso. L’Europa rimanda tutti al prossimo autunno. Secondo Bruxelles i documenti presentati contengono diverse lacune sia sul fronte rinnovabili – che a livello europeo sono al di sotto del 2%rispetto all’obiettivo del 32% di energia pulita nei consumi proiettato verso il 2030 – sia sul fronte efficienza energetica – il target previsto è del 32,5%, mentre la media EU registra ben 6,2 punti in meno .
Per la fine dell’anno, gli stati membri devono dunque elaborare ulteriori strategie e misure concrete per ridurre le emissioni e accelerare la transizione energetica. I piani attuali rappresentano più delle promesse che delle proposte sufficientemente strutturate. Per quanto riguarda l’Italia, il PNEC rimane fortemente legato al passato. Il Piano del Governo dovrebbe poi essere più chiaro per quanto riguarda le modalità con le quali si intendono perseguire gli obiettivi (più) ambiziosi.
Alcuni quesiti rimangono in sospeso. Cosa succederà agli impianti termoelettrici a carbone che verranno man mano abbandonati? Come aumenterà la penetrazione delle fonti rinnovabili? Come conseguire il target di riduzione delle emissioni nei trasporti?
DIREZIONE PARIGI Ecco alcune proposte per come rimodulare i PNEC, in particolar modo quello Italiano. Urge:
- Essere maggiormente ambiziosi per quanto riguarda il target per le fonti rinnovabili;
- Introdurre misure concrete per il processo di decarbonizzazione;
- Migliorare l’efficienza energetica nell’edilizia e nei trasporti;
- Eliminare sovvenzioni ai combustibili fossili;
- Semplificare complessità burocratiche ed incertezze normative col fine di favorire una maggiore implementazione di energia rinnovabili;
- Ridurre la dipendenza energetica;
- ottenere maggiore sicurezza energetica.
Il futuro energetico dell’Europa ha bisogno di una road map precisa e di piani esecutivi espliciti nelle sue componenti. Ad oggi la maggioranza dei 28 PNEC è da considerarsi insufficiente. I governi nazionali devono colmare queste gravi lacune per avvalorare i propri piani nazionali. Solo con policy chiare si potrà incoraggiare il settore privato ad investire, creare posti di lavoro ed avviare la transizione energetica.
Per quanto riguarda il controllo delle emissioni, i 28 piani raggiungono a malapena la soglia del taglio del 40% dei gas serra – misurati in rapporto ai livelli del 1990 – entro il 2030. Merita però menzione il fatto che questa misura (il taglio del 40%), potrebbe essere presto innalzata al 55%, su pressione delle Nazioni Unite e del Parlamento Europeo.