Concessioni: il Bue fa Cornuto l’AsinoL'IDEA DI STEFANO CIANCIOTTA

Se si procederà alla revoca delle concessioni il Partito Democratico cederà al ricatto populista del Movimento 5 Stelle. Dopo l’Ilva il paese confermerebbe la sua vocazione anti-industriale. Le ragioni del buon senso per dire no alla revoca e si alla ridefinizione dei contratti.  

La questione infatti è duplice: da una parte i controlli dello Stato, che in questi venti anni sono quasi del tutto mancati; dall’altra il rispetto dei contratti dei concessionari.

Nel frattempo l’Italia si è spezzata in due, a causa del sequestro dei viadotti e dei guardrail, e per raggiungere regioni da sempre votate al turismo come Marche ed Abruzzo ci si possono impiegare anche dieci ore partendo da Milano. Per non citare i diversi viadotti che sono crollati nell’ultimo anno e mezzo.

L’impianto normativo che regola le concessioni è vetusto, perché nel frattempo si sono modificati i termini dei contratti, e non si può scaricare questa anomalia sui cittadini e le imprese.

Lo Stato avrebbe dovuto svolgere i controlli, ma i contratti di concessione sono stati secretati. Perché e in nome di quale principio superiore? Abbiamo conosciuto l’entità della redditività record dei concessionari solo dopo il crollo del Morandi. Anche lo Stato quindi ha le sue responsabilità. Avrebbe dovuto tutelare l’interesse generale, ma la sua condotta non è stata improntata alla tutela dell’interesse pubblico.

La revoca della concessione autostradale determinerebbe poi un contenzioso i cui effetti onerosi ricadrebbero sui cittadini, oltre ad alimentare un clima e un sentimento anti-industriale che avrebbe come unica finalità quella di allontanare i potenziali investitori dal nostro Paese.

Se il PD, contravvenendo alla moderazione con la quale ha affrontato fin dall’inizio la questione revoca, dovesse cedere al ricatto del Movimento Cinque Stelle (che invece paradossalmente con la scelta di correre solo in Emilia Romagna rischia di fare implodere il Governo in caso di sconfitta di Bonaccini), scriverebbe una fase nuova nel rapporto che regola il pubblico e il privato nel nostro Paese.

Ci sono stati errori ed è giusto che le indagini accertino le responsabilità del privato e del pubblico. Le inadempienze di entrambe le parti sono acclarate ed evidenti. Ma proprio per questa ragione, e in nome del buon senso, Primo Ministro Conte e Ministro De Micheli occorre ridefinire i contratti di concessione, e lavorare per trovare un punto di equilibrio e di incontro.

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