Olio di palma sintetico: una soluzione più sostenibile?L'innovazione nel settore alimentare è fondamentale. Ma quali sono i limiti dell'olio di palma sintetico?

La startup C16Biosciences di New York quest’anno ha ricevuto 20 milioni di dollari di investimenti dalla Bill Gates Breakthrough Energy Ventures Fund per aver prodotto la versione sintetica dell’olio di palma.

Il fondo ha deciso di investire in questa nuova attività per sostenere la produzione sostenibile di olio di palma, con l’obiettivo di diminuire la pressione sulle risorse naturali. Il valore dell’innovazione scientifica applicata al mondo della nutrizione è immenso. L’invenzione, oltre a portare nuove prospettive nell’ottica del progresso ambientale, ci pone di fronte ad un futuro possibile dove l’alimentazione tenderà ad incidere sempre meno sui limiti naturali.

Oggi come non mai diventa necessario riconoscere che la Terra non è più in grado di sopportare una pressione in continua crescita. Inoltre, la capacità di sintetizzare nutrienti può contenere la chiave per diminuire drasticamente la fame nel mondo. La sfida dell’ingegno umano dovrà trovare delle risposte a queste problematiche. L’olio di palma sintetico rappresenta certamente una possibile strategia. Ma quanto è realistico parlarne oggi?

I limiti ad oggi sono molti. Il costo competitivo dell’olio di palma naturale (1), l’elevata domanda globale (2) e l’apporto complessivo che esso porta alle vite delle popolazioni coinvolte nella sua catena di approvvigionamento (3) sono solo alcuni. Lo scontro con la realtà deve così riportare i piedi per terra. Non è possibile parlare di una vera alternativa alla sua versione naturale. Sarebbe irresponsabile o irragionevole supporlo.

L’INVENZIONE

L’olio di palma è presente nella maggior parte dei prodotti acquistati al supermercato, dalle pizze e biscotti surgelati allo shampoo, al dentifricio e al rossetto. La ragione di questo largo impiego è relativa alla sua versatilità, al suo basso costo e alla elevata produzione per ettaro rispetto ad altri oli. Nonostante questo, in alcune parti del mondo l’olio di palma ha causato dei danni ambientali a discapito di animali e foreste.

L’invenzione di C16Biosciences ha come obiettivo proprio quello di prevenire queste esternalità negativeTramite un complesso sistema microbi geneticamente modificati che convertono gli scarti alimentari in un prodotto chimicamente molto simile all’olio di palma naturale.

A questo stadio, l’obiettivo è quello di creare un prototipo e di ottenere un feedback dalle aziende che potrebbero scegliere di utilizzarlo nei loro prodotti.

E’ DAVVERO POSSIBILE?

È chiaro che sostituire un prodotto così presente, non solo negli alimenti o nella cosmetica ma anche nelle economie dei paesi produttori, è una grande sfida. 

–       Innanzitutto, è davvero possibile produrre così tante tonnellate di olio di palma artificiale? Nel 2020 sono 7,6 miliardi gli individui che popolano la terra. Nel 2050 se ne prevedono 10. Ad oggi, riusciamo a produrre cibo per circa 9 miliardi di persone. La richiesta di grassi vegetali proiettata al 2050 è destinata ad aumentare esponenzialmente (300 milioni di tonnellate, dalle 165 milioni di oggi). 

–       Milioni di persone ad oggi dipendono direttamente o indirettamente dall’industria della palma da olio. Cessarne la produzione significherebbe mettere in crisi un enorme numero di famiglie nei paesi coinvolti, creando maggiori crisi umanitarie. Senza contare l’instabilità globale che ne conseguirebbe. 

–       Si può dire che la scelta di divergere gli sforzi verso una soluzione sintetica aiuti davvero alla riduzione della deforestazione? Molti paesi coinvolti nella produzione stanno ad oggi investendo in certificazioni di sostenibilità. Allontanarsi da un approccio cooperativo nella soluzione delle problematiche ambientali porterebbe solamente questi soggetti a vendere il proprio prodotto altrove. Dove i requisiti di sostenibilità ambientale sono minori. 

I LIMITI

Il problema principale è senza dubbio il costo. L’alta competitività in termini commerciali dell’olio di palma deriva in primis dai suoi costi. Non esiste un olio al mondo, che può essere impiegato così largamente e che costi così poco. Ad oggi, l’olio di palma sintetico costerebbe 3 volte tanto.

Inoltre, un altro limite di questa variante sintetica risiede nella quantità prodotta. Data l’elevata richiesta, sarà molto difficile riuscire a soddisfare l’intera domanda globale. Per essere davvero competitivi su scala planetaria sarà necessario produrne milioni di tonnellate. Un risultato ancora molto lontano.

Un ulteriore limite risiede nel ruolo che ad oggi giocano i paesi produttori. In una costante negoziazione internazionale, Indonesia, Malesia ma anche altri grossi fornitori internazionali rischiano di abbandonare questa continua corsa alla sostenibilità. L’uscita dei paesi produttori dalla cooperazione internazionale sul tema porta pericolose derive verso mercati senza tutele, aggravando la situazione ambientale e sociale. 

Perseguire la sostenibilità nelle scelte commerciali di tutti i giorni è essenziale. Ma come tali, esse richiedono ponderazione e pragmatismo. L’innovazione in questo senso, e per quanto riguarda l’olio di palma, è un fattore positivo per lo sviluppo della nutrizione. Ma dobbiamo chiederci quanto queste soluzioni possano davvero essere applicate per la soluzione di sfide più complesse a livello globale. Il rischio: che sforzi di mediazione pluriannuali per la ricerca di una sostenibilità multilaterale vacillino di fronte a soluzioni irrealizzabili. Scongiurando l’obiettivo di una sostenibilità globale.  

Non è possibile parlare di una vera alternativa all’olio di palma naturale. Un boicottaggio generale del prodotto avrebbe ad oggi ancora        conseguenze molto gravi. La sostenibilità si basa su tre aree cardine: quella ambientale, quella sociale e quella economica. Rinunciare a due di queste tre non renderà il mondo migliore ma solamente più vulnerabile. Così anche le sue popolazioni. 

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