La Russia di Putin senza Netflix non è la RussiaL'idea di Benedetta Annicchiarico*

In Russia come nel Medio Oriente di dieci anni fa, il prezzo del cibo e i social media potrebbero scatenare proteste in grado di destabilizzare un regime autoritario. Senza panem né i circenses offerti da Netflix e Instagram, il popolo russo diventa una bomba tra le mani di Putin.

L’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, rivelatasi ben diversa dal Blitzkreig immaginato da Putin, sta mettendo a dura prova la fede del popolo russo nel suo leader. Tra gli osservatori occidentali c’è chi auspica che l’insoddisfazione popolare sfoci in una primavera russa capace di destabilizzare, o addirittura abbattere, il regime putiniano. Del resto, una regola millenaria vuole che un popolo rimanga quieto fintanto che ha panem di cui sfamarsi e circenses con cui distrarsi, ma sanzioni economiche esterne e censura interna stanno togliendo il primo quanto il secondo.

PANEM…   

Con un’economia in ginocchio e il rublo in caduta libera, i cittadini russi stanno rivivendo il trauma degli anni Novanta, con un’inflazione dei beni alimentari che tocca il 12% e le code per ritirare abbastanza soldi da poterseli permettere. E la speranza che questo possa suscitare le rimostranze del popolo non è infondata. Basti pensare al ruolo che l’aumento del prezzo del pane ebbe una decina di anni fa nel portare mezzo mondo arabo nelle piazze.

ET CIRCENSES 4.0

Venendo poi ai circhi: in questi giorni i russi si stanno vedendo portare via alcuni dei servizi più rappresentativi dell’integrazione culturale del Paese nel mondo occidentale. Come il McDonald’s, che a suo tempo ha rappresentato un’apertura dell’Unione Sovietica all’America, come anche marchi più recenti, appartenenti al mondo digitale, ma che oramai facevano parte della quotidianità dei cittadini russi. 

Nei Paesi più sviluppati, l’accesso a Internet è oramai considerato alla stregua di un diritto umano. Certo, non tutti gli Internet sono uguali, e la rete russa si posiziona a metà via tra quella libera dell’Occidente e quella circondata dalla Great Firewall cinese. Questo vuol dire che se da una parte il mondo digitale è sempre stato marcato stretto dalle politiche di Putin, i cittadini di Mosca e San Pietroburgo sono stati abituati a farne lo stesso uso dilettevole dei londinesi e parigini, passando più ore al giorno sui social media e su canali di intrattenimento quali YouTube. Forme di svago che ora, all’improvviso, smettono di essere accessibili. Netflix e Amazon Prime Video hanno già sospeso il loro servizio in Russia. Un colpo basso per i cittadini comuni che hanno priorità precise: “Tenetevi il Donbass e ridateci Netflix”, ha twittato un giovane moscovita. Dall’invasione dell’Ucraina, Putin ha oscurato l’accesso a tutte i network principali. Prima Telegram, Facebook e Twitter, poi Instagram, il più diffuso in Russia con 80 milioni di utenti, per lo più giovani, e di gran lunga la piattaforma più monetizzabile. Una mossa che può suscitare le ire di chi si vede portato via il mezzo di comunicazione principale e di chi lo aveva trasformato in un business – i famosi influencer che, come suggerisce il nome, hanno un potere di mobilizzare l’opinione pubblica da non sottovalutare.

Nel complesso, si tratta di un ritorno ad un passato povero ed analogico, inaccettabile sia per chi l’ha già vissuto ma credeva di esserlo lasciato alle spalle, ma anche e soprattutto per chi non lo ha mai conosciuto.

LA PRIMAVERA STA ARRIVANDO IN RUSSIA  

In Russia come nel Medio Oriente di dieci anni fa, l’insostenibilità dei prezzi e delle forniture di beni alimentari di prima necessità sta fomentando il malcontento del popolo. Oggi come allora, anche l’Internet e i social media giocano un ruolo chiave, anche se in modo speculare. Se nel 2011 vennero considerati facilitatori delle proteste di piazza grazie all’abilità di mettere in contatto idee e persone attraverso l’intero mondo arabo, nel 2022 ciò che potrebbe dare il via a proteste di larga scala è il mancato accesso agli stessi servizi. Un ulteriore indizio del potere e dell’influenza delle big tech nel comportamento e nell’identità dei singoli. Vere e proprie armi in un arsenale di guerra (anche) digitale e che rischiano di esplodere tra le mani di chi, come Putin, non l’ha ancora capito.

* L’Idea di questa settimana non esprime argomenti condivisi in ugual misura dalla comunità di Competere. Tuttavia, nello spirito dell’Idea, vuole stimolare il confronto critico. 

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