La Comunicazione al Tempo del CoronavirusL'IDEA DI MARINA RIPOLI
- 26 March 2020
- Posted by: Competere
- Categories: highlights, News
La crisi, l’infodemia, gli errori, la filantropia e un’Italia che si riscopre comunità. Quali strategie di comunicazione durante l’emergenza Coronavirus?
PERCHÈ È IMPORTANTE? Stiamo vivendo una crisi senza precedenti, un’emergenza sanitaria che probabilmente lascerà delle cicatrici profonde nelle nostre vite e nell’immaginario delle generazioni che l’hanno vissuta. Da momenti difficili come questi potremo però trarne insegnamenti di vita straordinari e non solo. Al tempo del Coronavirus tutto sta mutando: la socialità, le abitudini, i consumi, la nostra dieta mediatica, il nostro rapporto con il lavoro e con le tecnologie.
COME CAMBIA LA COMUNICAZIONE In un contesto di “clausura” come quello che viviamo oggi, in cui (quasi) tutto chiude, la Comunicazione – quella del Governo, della politica, delle aziende, quella espressione della comunità – non si ferma, anzi si evolve, si adatta alla crisi, cambia. Soprattutto cambia tono. Al silenzio delle strade si contrappongono dunque le mille voci di uno scenario comunicativo multiforme frutto delle reazioni a quella che già molti hanno definito la prima pandemia nell’era della disintermediazione, caratterizzata tra l’altro da un ulteriore elemento di complessità, ovvero quella che per l’OMS è un’infodemia: «una sovrabbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno».
Verità e falsità si confondono infatti sotto una pioggia di informazioni difficili da verificare, fake news si diffondono come virus ‒ secondo veri e propri schemi epidemiologici ‒ su web, social media e catene di messaggi su WhatsApp, determinando psicosi e situazioni di grande criticità. È questo il contesto in cui la comunicazione istituzionale, quella politica e delle imprese prende corpo, non senza errori ma anche con molte intuizioni interessanti.
NUMERI, DIRETTE E TEMPI INOPPORTUNI «Aspetto la diretta di Conte come l’inizio della mia serie preferita». In questo commento, letto su Facebook, è racchiuso il senso del mutamento che ha subìto il linguaggio istituzionale al tempo del Coronavirus. Non solo ordinanze su ordinanze, decreti su decreti, quindi, ma un nuovo format “pop” in linea con il mood della disintermediazione. Modello positivo, sicuramente, per il legame e l’intimità che scaturiscono dalla comunicazione diretta del Presidente Conte con la comunità online, ma pensiamo agli annunci serali/notturni che non aiutano i cittadini nella metabolizzazione delle informazioni, alle attese davanti alla pagina Facebook del Premier, al gap informativo tra l’annuncio di venerdì 20 marzo e la pubblicazione con forte ritardo dell’elenco delle attività produttive che resteranno attive a seguito dell’ultima stretta. È giusto al giorno d’oggi disintermediare, ma non bisogna incorrere in errori che generano incertezza e confusione. Dobbiamo tener conto, però, della difficoltà del momento. Non è certo semplice gestire un’emergenza di questo tipo, non c’è un manuale da consultare per una crisi del genere e di questo le persone finora ne hanno tenuto conto. La fiducia verso le istituzioni e verso Conte è cresciuta enormemente. Nei momenti di crisi si rafforza infatti il bisogno di unità e fiducia nel Governo. Si tratta di un patrimonio che non va disperso e dopo molti passi, anche compiuti nella direzione giusta, ora è il momento di aggiustare ulteriormente il tiro visto che i tempi di lockdown sembrano procrastinarsi. Una comunicazione più chiara e semplice, più corale se possibile, e non solo centralizzata sul Premier. Spiegare maggiormente il bollettino dei numeri, che ad oggi viene invece annunciato quotidianamente come una doccia fredda senza cercare di farne comprendere il senso. Infine, avrebbe importanza iniziare a fissare gli annunci del Governo al mattino e non più alla sera.
EMPATIA E SOBRIETÀ Se per “comunicare” intendiamo «cum-sentire», «sentire insieme», è ancor più vero in questo momento difficile. È preferibile infatti uno stile comunicativo autentico, empatico, che mira a rassicurare, responsabilizzare, unire. Lo strumento delle dirette video è servito infatti soprattutto a questo, a creare un contatto emotivo con i cittadini. All’inizio c’è chi ha sottovalutato l’emergenza sanitaria, concentrandosi prevalentemente sul tema del rilancio economico e, in generale, per tutti gli esponenti politici è stato difficile capire come affrontare in termini comunicativi una crisi di cui dal principio non si era percepita la portata. Molto forte, però, è stato fin dai primi giorni l’invito a collaborare, espresso da tutte le parti politiche tranne che dal leader della Lega, che, prima di passare a toni più moderati ha preferito fare opposizione e mettere in difficoltà il Governo. Ma le rivalità politiche, in questa fase, interessano di meno. Non è facile fare opposizione quando la popolazione si stringe intorno a chi governa.
Hanno infatti acquisito maggior seguito in questa difficile fase, coloro che hanno scelto un profilo moderato, appunto, combinando autorevolezza ed empatia. È il caso, come già ricordato di Giuseppe Conte, che in questa fase ha moltiplicato il consenso politico nei suoi confronti. Hanno scelto questa strada, ad esempio, anche Giorgia Meloni che si è focalizzata sul tema delle famiglie in difficoltà per le scuole chiuse, e Nicola Zingaretti che, colpito in prima persona dal virus, lo ha annunciato in prima persona in un video trasmettendo al contempo un messaggio di responsabilità e la necessità di rispettare le regole. Il punto ora è come evolverà la comunicazione politica, chi riuscirà a fare tesoro della credibilità acquisita, chi si impegnerà a rappresentare, comunicare e infondere per prima cosa la resilienza, quella capacità di superare un evento traumatico trovando la forza di andare avanti, di credere in un futuro possibile.
AZIENDE: TRA BRAND EQUITY E DIGITAL TRANSFORMATION Per le imprese grandi o piccole non è il momento per comunicazioni commerciali, che rischiano di essere inopportune o fuori contesto. Dopo qualche scivolone iniziale, molte realtà aziendali ‒ ma anche piccole attività, liberi professionisti ‒ hanno infatti scelto di assumere comportamenti responsabili, di restare vicini ai propri clienti, di lavorare sulla propria brand equity e sulla costruzione di relazioni di fiducia con le persone, trasformando in un’opportunità questo momento di crisi. Tante le attività di scontistica, videotutorial, approfondimenti settimanali, risorse speciali da scaricare gratuitamente. Molto diffuse le iniziative di filantropia per supportare l’emergenza Covid-19. Interessanti anche i servizi e le soluzioni innovative messe a disposizione su solidarietadigitale.agid.gov.it. È il lato buono dell’emergenza, ma a patto che tali iniziative risultino autentiche e davvero interessate a rappresentare un contributo in un momento difficile e non solo puro calcolo promozionale. Purtroppo, però, nessuno sa quanto durerà questo periodo restrittivo e, se si protrarrà per mesi, potrebbe essere necessario adottare strategie di lungo periodo di brand activism e cause-related marketing, e attrezzarsi con soluzioni stabili in termini di comunicazione interna. L’emergenza sanitaria sta infatti già spingendo molte imprese (tante non erano affatto pronte) a ripensare le modalità di interazione interna in ottica di digital trasformation. Social, chat, videocall via Zoom, Skype, Hangout, Team sono la nuova realtà di chi in questa fase d’emergenza legata al Coronavirus sta continuando a lavorare in modalità smart. È ora di pensare che adesso è un’occasione persa non predisporsi al cambiamento.
COMUNICAZIONE DAL BASSO Non c’è solo la comunicazione da parte delle Istituzioni, della politica e delle aziende, ma anche quella dal basso, o meglio dai balconi o in diretta Facebook. La comunità sta infatti rispondendo alla paura a ritmo di flash mob e striscioni arcobaleno, sfruttando il web per organizzare momenti di condivisione e far sentire la propria vicinanza agli altri con il motto/hashtag #tuttoandràbene. Molti cittadini combattono così lo sconforto e l’impotenza: dai momenti spontanei agli appuntamenti prefissati tutti i giorni alle 18, sono tanti gli episodi musicali che, da balcone a balcone, stanno colorando la quarantena da Coronavirus. Non mancano però i critici che iniziano a chiedersi se non sia il caso di evitare visto che la situazione si sta aggravando e che alla stessa ora la Protezione Civile comunica il numero dei morti. Alcuni Comuni, in segno di rispetto, hanno annullato questi appuntamenti. Assolutamente condivisibile, ma bisogna tener conto che tali manifestazioni possono essere orientate, ma non vanno eliminate del tutto per mantenere quanto possibile il morale alto. È necessario aiutare la comunità a sentirsi più forte, evitando così di farla crollare nello sconforto e nell’inattività. La motivazione è importante per sostenere il periodo difficile che stiamo vivendo. Infine, va sottolineato che sono tante le iniziative dal basso di sostegno all’acquisto di attrezzature sanitarie per fronteggiare l’epidemia, così come l’adesione alle campagne di crowdfunding organizzate dai grandi brand.
In conclusione, se è vero che le crisi servono anche per migliorarsi, abbiamo davvero una grande opportunità: cerchiamo di capire come ripenseremo le nostre vite, la scuola, le imprese, le industrie, il sistema sanitario, il nostro modo di lavorare e di comunicare. A questo proposito, diventa necessario non dimenticare che la comunicazione al tempo della crisi non va mai trascurata, soprattutto quando ci inizieremo a muovere verso la risoluzione dell’emergenza e in particolare quando la crisi sarà conclusa. Mantenere (o migliorare) il risultato delle strategie di comunicazione fin qui intraprese è fondamentale, specialmente se questa fase di stallo durerà ancora per molto. Bisognerà continuare a fornire indicazioni chiare e complete, spiegando i rischi che corriamo e contrastando le fake news.
Quando finalmente l’emergenza sanitaria sarà conclusa non vorrà dire che tutto tornerà come prima, e nemmeno la comunicazione. Entreremo nella fase, non semplice della Ricostruzione non solo economica, ma anche emotiva del Paese. E la comunicazione giocherà un ruolo importante a tutti i livelli.