Contrasto alla contraffazione: a che punto siamo?L'analisi dell'Avv. Giammarco Brenelli sulla normativa italiana e sul perché è importante tutelare marchi e brand
- 4 May 2018
- Posted by: Competere
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La tutela della proprietà industriale non riguarda questo o quell’ideatore di nuove idee o prodotti, ma il complesso dell’economia industriale che determina reddito, occupazione e benessere attraverso la remunerazione del lavoro e dell’ingegno.
Ritenere che la contraffazione crea danno a pochi, mentre la diffusione del falso estende a molti il beneficio dell’idea, riguarda un approccio superficiale che, ove approfondito con un minimo di riflessione, viene subito disatteso.
Certamente può avvenire che il primo stimolo dello scienziato per ottenere un risultato brevettuale o del creatore dello stile nel provare e riprovare un modello possa essere la scienza o la ricerca del bello, ma la remunerazione del lavoro e dello studio consente ad entrambi di dedicarsi alle loro rispettive attività.
Se è dunque pacifico che, dai tempi dello sviluppo della moderna economia, la proprietà industriale ha diffuso lavoro e benessere – come d’altra parte continua ad avvenire – si avverte, da parte della magistratura, una certa demotivazione sia perché il fenomeno della contraffazione appare difficile da contrastare nel tempo della globalizzazione, sia perché in qualche modo esso, rispetto a ben altri pericoli, riguarda una cosiddetta Giustizia minore.
Eppure, quanto all’Italia, proprio De Rita nell’analizzare come il nostro Paese abbia potuto resistere durante la più lunga crisi del dopoguerra, ha individuato nelle ragioni di forza e resilienza del Paese, tre settori profondamente interessati alla tutela del marchio, del brevetto e del know how, quali il lusso, la piccola/media meccanica e l’agroalimentare, con la sua certificazione d’origine.
Ma il tema del contrasto alla contraffazione non concerne certamente solo quello industriale ed economico, riguardando anche la società civile e, dunque, la tutela della legalità, continuamente sfregiata nella strada e nelle spiagge, ove il protagonista non è l’extracomunitario che stende la propria stuoia con gli oggetti in vendita, ma la filiera della criminalità internazionale che vi sta dietro e che ha ormai il controllo del fenomeno, al di là di ogni buonismo o romanticismo solidale.
I grandi profitti delle organizzazioni criminali coi bassi costi della contraffazione e il minore allarme sociale rispetto ad altri fenomeni come il traffico di stupefacenti, provocano un continuo rafforzamento delle stesse che reinvestono i profitti, condizionano il commercio internazionale e soprattutto esercitano una sempre più pressante influenza criminale nella convivenza quotidiana dei cittadini.
Sotto altro profilo, non va nemmeno sottaciuto qualche progresso nello scenario mondiale dove la Cina ha iniziato almeno a riconoscere di dover cambiare strada, visto che essa stessa potrà, in futuro, avere necessità di tutela parallelamente allo sviluppo della ricerca ed innovazione di origine interna.
In Italia, le riforme sono andate nella direzione giusta, con maggiori controlli e strumenti probatori e preventivi, mentre vi è anche una buona preparazione del personale delle Dogane e delle Forze di Polizia, e quanto all’amministrazione della Giustizia serve una ben più forte strumentazione immediata, spostando maggiormente la tutela nella fase delle indagini preliminari, con maggior utilizzo delle misure cautelari reali e una semplificazione delle misure successive.
La posta in gioco non è, infatti, solo la proprietà intellettuale, ma lo stato di diritto che non cede alla criminalità nazionale ed internazionale.