I Costi della Democrazia. Come Fare Fundraising per la PoliticaL'IDEA DI STEFANO CIANCIOTTA
- 3 December 2019
- Posted by: Competere
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Il traffico di influenze, le donazioni a partiti e movimenti, il finanziamento della politica, sono temi cruciali per l’evoluzione della Democrazia. Con l’abolizione del finanziamento pubblico non sono stati attivati efficaci sistemi di controllo sulle donazioni che garantissero la trasparenza e la certezza dei meccanismi di fundraising. Manca una regolamentazione organica a differenza di altri Paesi.
A partire dal 2014 i finanziamenti pubblici ai partiti politici sono ridotti, in maniera graduale, anno dopo anno, del 25%, del 50%, del 75% ed eliminati definitivamente nel 2017. Oggi lo Stato non finanzia più i partiti e questo vuol dire che i essi non hanno più fondi pubblici per il loro funzionamento e che non possono nemmeno finanziare le campagne elettorali della maggior parte dei loro candidati sul territorio nazionale. Una volta era l’opposto: il finanziamento pubblico era essenziale per mantenere vive le sezioni territoriali.
PERCHÉ È IMPORTANTE? Una riflessione va fatta subito. La gestione di un partito politico ha costi enormi e spesso vale lo stesso per alcune campagne elettorali. Un partito è fatto di persone, di sedi, di spese di manutenzione, di eventi e di molto altro. Nel mondo, la quasi totalità dei Paesi ha attivo un sistema di finanziamento pubblico parziale (per esempio la Germania) o totale (come una volta succedeva da noi).
LE REGOLE DEL GIOCO Con l’abolizione del finanziamento pubblico sono state attivate misure alternative al sostegno pubblico per incentivare o intercettare donazioni private. Il 2 per 1000 a sostegno dei partiti politici è una delle novità introdotte nel 2013 e operativa dal 2014. Ogni partito, iscritto nel Registro dei Partiti, riceve solo il gettito delle scelte a suo favore, mentre il resto rimane allo Stato. Più contribuenti destinano il 2 per 1000 ai partiti e più i partiti ricevono fondi. In teoria, il sistema è ottimo. Accade lo stesso per il 5 per 1000 per il volontariato o per l’8 per 1000 per le confessioni religiose.
IL PIATTO PIANGE I risultati del 2 per 1000? Pessimi. Il primo anno è stato un disastro completo. Il secondo leggermente meglio ma fino ad oggi non si è mai arrivati a superare il 3% delle scelte. Nel 2018, 1.089.817 di contribuenti, ovvero il 2,67% del totale hanno deciso di destinare ai partiti politici il 2 per 1000. Ai partiti sono andati 14 milioni di euro, un calo del 7,62% rispetto all’anno precedente. Niente rispetto alle aspettative.
Ci sono poi altre forme di finanziamento privato: donazioni piccole e gradi a favore dei partiti o dei candidati, il tesseramento (in forte calo da molti anni), qualche lascito testamentario, i redditi provenienti da immobili ed investimenti e il ricavato degli eventi di piazza (una volta le feste dell’Unità consentivano ricavi interessanti).
LA DEMOCRAZIA COSTA Ogni tanto le cronache nazionali parlano di finanziamento illecito ai partiti o di donazioni dubbie a sostegno di fondazioni politiche o di candidati. Accadeva quando c’era il finanziamento pubblico ed accade oggi ancora di più. Ma oggi è più grave e pericoloso perché con l’abolizione del finanziamento pubblico non sono stati attivati efficaci sistemi di controllo sulle donazioni. Manca in Italia un codice etico per regolare le donazioni e il fundraising: chi può donare? a chi si può donare? chi non può donare?
Domande che hanno trovato risposta in leggi di molti Paesi stranieri. Le c.d. fondazioni o associazioni di partito vanno maggiormente controllate. L’attuale normativa ha molte falle. I cittadini non sostengono la politica e certi fenomeni irregolari o dubbi non aiutano. I partiti dovrebbero “consorziarsi” e investire in campagne di comunicazione e fundraising rivolte ai cittadini e ai contribuenti.
UN MODELLO CHE FUNZIONA La speranza è che si arrivi anche in Italia ad un sistema utilizzato da molti anni negli Stati Uniti: i PACS, una forma di comitati autonomi e indipendenti di cittadini che si occupano di raccogliere fondi e di destinarli, secondo parametri da loro decisi, al sostengo di più candidati alle elezioni, anche di aree diverse. Questo spezzerebbe il legame tra il grande donatore (che in cambio potrebbe chiedere qualcosa) e il ricevente. Consentirebbe una maggiore autonomia, una completa trasparenza e il riappropriarsi, da parte dei cittadini, della politica. L’altra strada è il ritorno al finanziamento pubblico. L’altra ancora è l’aumento dei fenomeni corruttivi.
La democrazia ha un costo, è bene ricordarselo.
Raffaele Picilli è autore insieme a Marina Ripoli del volume “Come raccogliere fondi per la politica” edito da Rubettino ed acquistabile QUI.