Democrazia e partiti – Una prospettiva liberaleDI ANTONIO PILEGGI

Un estratto del focus di Antonio Pileggi sul rapporto tra democrazia e partiti in Italia. 

DAL MILITANTE OBBEDIENTE AL PARTECIPANTE PER CONOSCERE, DISCUTERE E DELIBERARE

Le questioni riguardanti la democrazia interna ed esterna ai partiti sono prioritariamente una questione di cittadinanza attiva, quindi di partecipazione attiva alla vita dei partiti e, nel contempo, una questione di legittimità democratica dell’agire politico.

Sono questioni che si possono considerare sotto tre aspetti: 1) il diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49 della Costituzione); 2) il dovere per i partiti di comportarsi con “metodo democratico”, atteso che i medesimi partiti sono organizzazioni destinate a svolgere un ruolo di particolare rilevanza costituzionale; 3) l’ingerenza indebita dei partiti, che sono organizzazioni esponenziali di un interesse di parte, nelle Pubbliche Istituzioni che, a loro volta, sono preposte a tutelare gli interessi generali del Paese. I tre aspetti sono tra loro intrecciati e costituiscono i connotati identificativi della liberal-democrazia che, ai nostri tempi, è sotto attacco da forze determinate a cancellare le libertà garantite dalla giovanissima Costituzione italiana.

LA COSTITUZIONE E I PARTITI (NELLA DEMOCRAZIA LIBERALE ITALIANA)

Il diritto in capo ai cittadini di associarsi in partiti è previsto dalla Costituzione, ma molti dei comportamenti effettivi dei partiti tengono i cittadini o lontani da una partecipazione attiva o in condizione di militanza obbediente al capo partito di turno. Ciò può accadere facilmente nei partiti personali nati a misura delle ambizioni personali dei loro capi.

L’elusione degli obblighi derivanti dall’art. 49 della Costituzione risulta visibile, tra l’altro, comparando i comportamenti effettivi dei partiti con normative come quelle di cui al decreto legge 149/2013, convertito con modificazioni dalla Legge 13/2014 recante la “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore”.

Comunque la normativa citata è sostanzialmente “claudicante” perché, pur indicando alcuni paletti del metodo democratico nella compilazione degli statuti dei partiti, ha una rilevanza limitata ad una sola “gamba”, quella dell’accesso e del godimento dei finanziamenti, mentre è sostanzialmente inidonea a far “camminare” i partiti, con la seconda “gamba”, quella riguardante gli aspetti strutturali e funzionali del “metodo democratico”.

Pertanto sarebbe ora di introdurre norme pienamente efficaci e cogenti, in piena attuazione dell’art. 49 della Costituzione, per far rientrare l’agire politico dei partiti nell’alveo costituzionale che richiede l’esercizio effettivo del diritto dei cittadini alla partecipazione attiva.

In sostanza occorre superare il sistema del “militante” del partito inteso come cieca obbedienza e cieca fede politica per pervenire al sistema del “partecipante” col “metodo democratico”, il metodo fatto di comportamenti, ovvero di procedimenti rivolti a conoscere, discutere e deliberare.

SOMMARIO

1) Dal militante obbediente al partecipante per conoscere, discutere e deliberare

2) L’ingerenza indebita dei partiti nelle Istituzioni

3) Il diritto alla partecipazione attiva

4) Alcuni connotati del metodo democratico già presenti nel diritto positivo

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