Educazione e Formazione Per Evitare la Disoccupazione TecnologicaL'Idea di Competere
- 1 August 2017
- Posted by: Competere
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E se l’automazione del lavoro non dovesse tradursi nella disoccupazione di massa? E se il capitale umano fosse tanto resiliente da adattarsi alle evoluzioni in atto e all’acquisizione di nuove competenze, misurandosi con i cambiamenti economici e sociali che ci interessano? Lo chiameremmo progresso, e il progresso difficilmente si muove all’indietro.
È vero, alcuni lavori scompariranno, come accaduto in passato, ma è altrettanto vero che ne nasceranno di nuovi portando con sé la richiesta di nuove competenze. Quindi, il timore di una disoccupazione di massa potrebbe essere infondata. Secondo una ricerca condotta sui Paesi OCSE, solo il 9% dei lavori è a rischio di automazione nei prossimi 20 anni, ribaltando i dati allarmanti del rapporto “The Future of Employment” secondo cui il 47% dei lavori negli USA è destinato a scomparire lungo il medesimo arco temporale.
Da quel 9% di automazione tuttavia non si può sottrarre un elemento fondamentale dell’equazione: il mercato del lavoro è sempre più caratterizzato da forti diseguaglianze determinate dalla polarizzazione per cui i lavoratori che hanno competenze digitali svolgono mansioni con un alto valore aggiunto rispetto a chi ha competenze digitali di base. La polarizzazione del fenomeno tenderà a crescere se teniamo in considerazione il fatto che, secondo l’OCSE, il 25% dei posti di lavoro rimarranno, ma più della metà delle mansioni saranno svolte da macchine, con la conseguenza che i lavoratori dovranno aggiornare le proprie competenze per essere un valore aggiunto al mercato del lavoro.
Non si tratta di aggiornare, esclusivamente, le competenze di base del lavoratore quanto piuttosto di riconoscere l’importanza delle soft skills, cioè quelle competenze distintive che difficilmente potranno essere incanalate in un processo meccanico del lavoro. Rimettere al centro del mercato del lavoro l’individuo significa riconoscere il lavoro come una dimensione in cui la creatività, l’intelligenza emotiva e il talento rappresentano dei fattori di successo per lo sviluppo di soluzioni innovative.
Non a caso i lavori del futuro trovano spazio in una dimensione professionale decisamente fluida, nata dall’incontro fortunato tra il saper fare e il saper essere.
– Ingegneri Big Data;
– Architetti IoT;
– Ingegneri della sicurezza.
Sono solo alcuni dei lavori maggiormente ricercati nel 2017, professioni per cui sono richieste non solo capacità tecniche, ma competenze trasversali che facciano leva sul talento e la creatività nel dar vita a figure professionali ibride e digitalmente alfabetizzate, tanto in termini strumentali quanto in relazione alle implicazioni sociali.
Questo tipo di resilienza e di capacità di adattamento deve passare attraverso modelli educativi che sappiano costruire esperienze di apprendimento innovative, tanto per i giovani quanto per gli adulti: limitarsi a trasmettere contenuti, linee guida e strategie non è più sostenibile. L’educazione non può essere un aspetto separato dalla società e dal mercato del lavoro, “ma oggi più che mai deve essere integrata come spazio dove allenare costantemente curiosità, creatività e intraprendenza, oltre che apprendere nuove conoscenze ed esperienze”, come abbiamo scritto nel nostro libro, “Allenarsi per il futuro”.
Una delle principali sfide con cui la filiera dell’educazione si dovrà confrontare rimette al centro l’elasticità dell’individuo, al fine di sviluppare nuovi modelli di apprendimento che favoriscano un melting-pot tra abilità, competenze e conoscenze differenti.