Equità Digitale
- 30 October 2018
- Posted by: Competere
- Categories: highlights, News
L’Italia non ha ancora introdotto un regime fiscale che regolamenti l’acquisizione e l’utilizzo dei dati personali da parte di operatori stranieri del web. Perché non introdurre una nuova web tax invece di colpire i consumatori con tasse di scopo? Serve una svolta coraggiosa.
Le big four o GAFA – Google, Apple, Facebook e Amazon – minacciano la fuga dall’Italia nel caso venga introdotta una Web Tax. Il valore di appena due di queste aziende supera il trilione. Eppure il trattamento fiscale di cui godono le multinazionali del web è ampiamente agevolato rispetto alle altre imprese operanti sul territorio italiano.
PERCHE È IMPORTANTE Modificare la fiscalità, seguendo l’esempio Estone, sarebbe un gesto di riequilibrio nei confronti delle imprese e dei cittadini italiani. I Governi infatti, alla disperata ricerca di risorse, stanno utilizzando lo strumento delle tasse di scopo che colpiscono solamente i consumatori e gravano anche sui costi burocratici e gli investimenti produttivi. Non solo, le varie accise stanno portando, proporzionalmente, sempre meno gettito per le casse dello Stato. Un prelievo sulle GAFA potrebbe contribuire per almeno 3.5 miliardi alla fiscalità pubblica.
Serve una svolta coraggiosa. Un nuovo regime impositivo che vada a regolamentare le operazioni delle multinazionali del web, a partire dai volumi di dati personali collezionati e utilizzati.
NUOVE INTERPRETAZIONI Urge partire da una revisione del concetto di stabile organizzazione per rimanere al passo con le nuove forme di economia digitale. Come ha suggerito l’Estonia presso l’Ecofin riunitosi a Tallinn nel settembre 2017, i colossi del web che generano profitti attraverso l’uso dei dati personali devono essere considerati come una presenza fisica sostanziale nel paese specifico dove ha avuto luogo l’acquisizione dei medesimi. Un concetto che sarebbe compatibile con le esigenze di regolamentazione poste dalla crescente digitalizzazione dell’economia e dalla necessità di riequilibrare il regime fiscale.
THE ITALIAN JOB In Italia, le GAFA impiegano circa 7000 mila persone (Amazon circa 5000, Apple 1500, Google circa 200, Facebook 30) ossia lo 0,0003% dei posti di lavoro in Italia. È impossibile conoscere i fatturati esattamente, ma varie stime rivelano che le imposte pagate da tutte e quattro le società non superano i 20 milioni di euro l’anno. Resta quindi poco comprensibile la ratio alla base dell’attuale regime per cui una società che crea scarsa occupazione a fronte di una mole infinita di dati collezionati direttamente dai cittadini e di un volume d’affari elevato in un determinato Paese paghi molte meno tasse rispetto agli altri operatori. Questo rende il mercato non concorrenziale, provocando storture.
Un riequilibrio del mercato e l’introduzione di una politica di valorizzazione dei big data – che avvenga nei singoli Stati o a livello europeo – sono i primi step per poter costruire un’arena concorrenziale e tutelare in primo luogo il consumatore. Da un punto di vista fiscale, non è più possibile ricorrere alle entrate (in calo) provenienti dalle accise e dalle tasse di scopo. Senza prima creare delle basi credibili per la libera concorrenza e per la competitività, è inutile parlare di crescita e investimenti. Tantomeno chiedere ai soliti di pagare al posto degli altri.