Finanza Alternativa, l’Investimento Italiano Vale Meno di un CaffèL'idea di Competere
- 13 June 2017
- Posted by: Competere
- Category: News
52 centesimi. Ecco quanto investe mediamente un italiano nella cosiddetta “alternative finance”, intesa come comprensiva del peer to peer lending (il prestito tra privati), del crowdfunding e di altre attività similari. Innovazioni? Può darsi, ma la realtà dei fatti è ben diversa.
Per risalire alle origini del peer to peer lending occorre tornare indietro nel tempo, prima della nascita delle banche. Chi aveva disponibilità finanziarie prestava soldi a chi ne avesse necessità. Il rischio era alto e difficilmente si concedeva credito a persone non fidate. Eppure con la nascita delle banche cambiò tutto, con un modello di business piuttosto semplice: si garantiva al prestatore X, al debitore facevano pagare Y e con la differenza si coprivano i costi fissi e assicuravano il loro guadagno.
Ecco allora che il peer to peer lending da un lato innova e dall’altro ci riporta al passato sostituendosi alle banche. Grazie alla tecnologia sono nate delle piattaforme che mettono in relazione soggetti interessati a prestare denaro con altri che hanno bisogno di risorse finanziarie. Il modello di misurazione del merito creditizio e i dati da cui attingono sono gli stessi di quelli utilizzati dalle banche ma con alcune differenze.
Velocità d’esecuzione – Il tempo medio di erogazione di un prestito oscilla tra le 2 e le 72 ore, passando per la banca generalmente l’attesa varia dai 6 ai 10 giorni per le persone fisiche e tra le 8 e le 12 settimane per le aziende;
Trasparenza – La maggior parte delle piattaforme di P2P lending espongono in tempo reale tutti i loro dati;
Costi fissi bassissimi – Non presentano una rete capillare sul territorio a differenza delle banche.
Eppure il contributo dell’Italia vale 32 milioni. Un decimo di quelli francesi e meno di un centesimo di quelli del Regno Unito. E come anticipato, se calcoliamo il valore annuo investito pro capite nella finanza alternativa in Italia, il risultato è meno di una tazzina di caffè, 0,52 euro. Nel Regno Unito il dato è ben diverso, si arriva infatti ad un valore pro capite di 65,88 euro.
Siamo in ritardo? Forse sì. Come al solito in Italia rimaniamo intorpiditi davanti alle novità. La vera ed effettiva causa del nostro ritardo è l’assenza di adeguati investitori istituzionali. Mentre a livello europeo il 44% dei prestiti sono stati finanziati da soggetti istituzionali, l’Italia attende ancora il loro ingresso in questa nuova area del mercato. Ci sono moltissimi settori, tra cui la sanità, l’assistenza agli anziani, l’istruzione i cui costi fissi sono in continuo aumento soltanto perché ancora non riusciamo a creare le condizioni adeguate perché possa subentrarvi la tecnologia.
Occorre sradicare i concetti tradizionali di efficienza e modernità e crearne di nuovi che siano alla pari con i tempi presenti. Solo in questo modo potremo recuperare il nostro ritardo e, forse, anche arrivare in anticipo sulla nuova scena destinata a delinearsi nei prossimi anni.