I pericoli dell’omologazione alimentareDI PIETRO PAGANINI
- 8 May 2023
- Posted by: Competere
- Category: Empowering Consumers
Algoritmi, etichette, levefiscali e propaganda sono gli strumenti che gruppi legati da interessipolitici e commerciali utilizzano per imporre la dieta universale. Questa favorisce le economie di scala ma minaccia la diversità e la libertà di scelta, e quindi la libera concorrenza. Le imprese alimentari sono spinte, pur di sopravvivere, a omologarsi al pensiero unico della dieta universale. Senza creatività e imprenditorialità non c’è innovazione.
COSA SUCCEDE
Imprenditori e imprese sempre più spesso praticano strategie produttive che non rispettano la ragione sociale dell’intraprendere e che tendono a frenarla: cioè agiscono contro la più ampia libertà individuale dei cittadini che compongono il mercato e quindi contro la concorrenza.
STANDO AI FATTI
- Si ingegnano per produrre alimenti e bevande universali che possano piacere e soddisfare il maggior numero di consumatori su scala mondiale senza variare e adattare le ricette, la formulazione chimica degli ingredienti o le caratteristiche organolettiche ai gusti e alle inclinazioni dei singoli consumatori.
- Pianificano economie di locazione così da produrre in aree economicamente e logisticamente strategiche (non legate ad alcuna precisa regione o tradizione culinaria).
- Si affidano a campagne commerciali e di comunicazione internazionali che non devono essere adattate ai mercati regionali.
IPHONIZZAZIONE
Di per sé è una legittima aspirazione imprenditoriale che, attraverso l’ingegno, gli investimenti e la capacità manageriale, produce innovazione. È anche un’evoluzione naturale delle cose. Già ci sono prodotti che, più o meno in economia di scala, riescono a soddisfare i bisogni e i desideri dei consumatori di tutto il mondo.
C’È UN PERÒ
La dieta che ciascuno di noi segue è una delle abitudini umane più intime ed è composta e condizionata da innumerevoli e complessi fattori (DNA, metabolismo, tradizione, storia, geografia, e soprattutto coscienza, etc.); è, quindi, difficilmente modificabile, soprattutto nel breve tempo.
POLITICA ALIMENTARE
- Da qui il ricorso ad algoritmi, etichette nutrizionali e leve fiscali che servono a indicare cosa è buono e cosa non è cattivo secondo la dieta universale, cioè cosa è salutare per i consumatori e cosa è sostenibile per il pianeta.
PROPAGANDA ALIMENTARE
Va però rimarcato che la salubrità e la sostenibilità non sono criteri oggettivi, ma li stabilisce un algoritmo ingegnerizzato da un gruppo (ristretto e compiacente) di scienziati che a loro volta, molto spesso, inseguono un’ideologia politica o interessi commerciali, cioè non si affidano al dubbio e al senso critico che sono alla base del metodo sperimentale della scienza.
Si minaccia la diversità di ciascun consumatore attraverso l’imposizione di un gusto universale. Si minaccia anche la diversità delle diete a cui i consumatori riferiscono, e quindi la storia e la tradizione.
OMOLOGAZIONE
Nella logica di tale comportamento gli imprenditori e le imprese sono spinti a riformulare le proprie ricette per inseguire il prodotto universale. Rinunciano così, e quindi boicottano, i fattori su cui la dieta di ciascuno si fonda (i fattori di cui sopra).
NON È INNOVAZIONE
- Il risultato è che il consumatore è invogliato (artificialmente) a mangiare ciò che gli viene suggerito attraverso le etichette e la propaganda, cioè la dieta universale che un gruppo di scienziati ha stabilito a tavolino, incuranti della natura (DNA, metabolismo, coscienza, carattere, inclinazioni, etc.) e della storia (economica e sociale) di ciascuno.
- Le aziende o inseguono la dieta universale o perdono quote di mercato.
- La diversità che si manifesta nella storia e nella tradizione di ciascun territorio (e che è la straordinaria meraviglia dell’umanità), viene ridotta o cancellata per lasciare spazio a diete artificiali. Così muore anche l’economia dei territori e, alla lunga, l’idea stessa di mercato.
RIASSUMENDO
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Image credits: Jocelyn Tsaih, courtesy of the NYT >>>
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