I Tre Pericoli del Piano Industry 4.0 per le PMI ItalianeUn estratto dell'articolo di Pietro Paganini per Agendadigitale.eu, 16 Gennaio 2017

L’Industria 4.0 è stata il Santo Graal dell’anno che chiude. Lo si è cercato nelle università, nelle studi di consulenza, nelle multinazionali, nelle redazioni e persino nelle sedi dei partiti. La convinzione è che lo smart manufacturing porterà nuova energia alle nostre imprese. Il Santo Graal tuttavia rischia di restare un sogno. Per conquistarlo occorre un piano culturale ed economico. In altre parole serve la partecipazione delle imprese in un ecosistema con condizioni favorevoli e quindi supportato da azioni di politica industriale ed economica efficaci.

Nel 2016 il Parlamento ha elaborato un’analisi comprensiva dell’argomento. Purtroppo non è un piano d’azione, che servirebbe urgentemente. E’ piuttosto un’ottima collezione antologica e filosofica della rivoluzione industriale che auspichiamo. Il documento individua anche alcune, seppur poche, traiettorie tecnologiche e politiche da seguire per favorire l’automazione dell’industria, che il Governo naturalmente non ha seguito per nulla.

Il piano elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico infatti, vorrebbe promuovere la nuova fase industriale attraverso lo strumento tradizionale dell’incentivo fiscale (iper-amortamento etc.). E’ sufficiente? No, la risposta è ovvia. E’ tuttavia un primo passo che conferma finalmente la piena presa di coscienza da parte del Governo e del Parlamento, oltre che della burocrazia di stato, cioè di coloro che dovrebbero contribuire a creare un ecosistema favorevole all’innovazione. E’ ancora un passo troppo breve e che potrebbe, se non supportato da altri strumenti di politica industriale, trasformarsi in uno sgambetto per molti.

Gli incentivi industriali sono infatti molto apprezzati dalla grande industria: hanno o sono in grado di sviluppare rapidamente progetti di automazione e digitalizzazione dei processi industriali per migliorare l’efficienza; hanno un management (o consulenti) competente ed esperto; hanno accesso ai finanziamenti e sono in grado di attirare investimenti ed investitori; hanno maggior potere negoziale con i fornitori di servizio di digitalizzazione. In altre parole, hanno le idee chiare su cosa e come deve essere fatto per rendere le aziende più competitive, compresa la gestione del personale (obsoleto in uscita e qualificato in entrata). Anche le grandi imprese hanno bisogno di altri strumenti esogeni, per esempio di politica industriale, nuove infrastrutture, incentivi all’occupazione qualificata, programmi scuola-lavoro, etc. Tuttavia, per quanto riguarda l’innovazione interna sono capaci di fare da se’. Lo stesso non vale per la maggioranza delle piccole e medie imprese. Gli incentivi fiscali possono rivelarsi un boomerang.

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