Non Esiste Italia Senza MediterraneoL'IDEA DI STEFANO CIANCIOTTA

Abbiamo imparato che la digitalizzazione e i dati sono il futuro dell’economia e non possiamo rinunciarvi. Ma infrastrutture, trasporti e logistica sono altrettanto importanti perché senza adeguati investimenti l’Italia rischia di essere confinata nella periferia geopolitica. Non possiamo rinunciare al nostro ruolo nel Mediterraneo.

La crisi causata dal Covid-19 sta confermando alcune tendenze già in atto, come la centralità della logistica e la propensione delle grandi aziende allo smart working. Se le infrastrutture materiali e digitali erano prioritarie prima di questa crisi, ora vi è l’assoluta urgenza di accelerare questi investimenti perché altrimenti si corre seriamente il rischio di compromettere 60 anni di crescita industriale.

PERCHÉ È IMPORTANTE   In queste settimane finalmente tutti abbiamo capito che la digital trasformation sta impattando a livello globale assetti sociali, demografici, economici ed istituzionali. Gli investimenti in innovazione scendono quando c’è la recessione, e sarebbe un errore grave rinunciarci. Il settore dei trasporti, almeno fino a quando non sarà individuato il vaccino, accompagnerà le nostre nuove abitudini.

I trasporti, infatti, sono il settore più delicato per uscire dal lockdown, sia che parliamo di autobus e metropolitane che di treni, aerei e traghetti, oltre alla necessità di garantire la mobilità dei cittadini e di come organizzare e mantenere il distanziamento sociale su mezzi di trasporto. Su questo tema si sta interrogando il sindaco di Londra, Sadiq Khan, che ha proposto alle altre metropoli del mondo di lavorare insieme per trovare le soluzioni migliori.

In Italia si lascerà tutto ai singoli amministratori o si predisporranno linee guida nazionali?

INFRASTRUTTURE DIMENTICATE   Chi scrive fa parte del Tavolo tecnico istituito al MISE dal Ministro Patuanelli per il rilancio dell’edilizia e delle infrastrutture. Questo tema andava posto anche all’attenzione della Presidenza del Consiglio, perché trasporti e logistica dovevano essere rappresentati come strumento intorno al quale ricostruire il futuro del Paese. Ad eccezione delle competenze in tema di management digitale di Colao questa area, come del resto il sistema dell’industria, è stata esclusa dalla task force.

CINA PIGLIA TUTTO   E a proposito di logistica e delle nuove intermodalità, non c’è un provvedimento del Governo di sostegno ai porti e all’economia del mare. Del resto la portualità è fuori dai radar degli esecutivi da molti anni e ogni Autorità Portuale pur dipendendo dal MIT si muove in modo autonomo, come ha fatto a novembre 2019 il Porto di Trieste siglando un importante accordo con il gruppo cinese China Communication Construction Company.

Il porto di Trieste, infatti, è la piattaforma più importante di collegamento con i porti del Nord Europa. La Cina, alla quale l’egoismo e la miopia europea avevano regalato il Pireo alcuni anni fa, già possiede i porti di Valencia, Bilbao, Bur Said, Alessandria, Haifa, Gibuti, e ha partecipazioni significative a Rotterdam e Suez.

MARE È POTERE   La conquista dello spazio e la scelta di lasciare la terra per vincere la resistenza del mare, è stato uno dei presupposti che hanno trasformato in pochi secoli un Paese dedito alla pastorizia come la Gran Bretagna, nel più potente e importante impero, che aveva imposto il suo concetto di spazio non solo con l’uso della forza, ma soprattutto con gli strumenti della finanza e con la conquista e la costruzione di piattaforme, per fare fluire velocemente le merci da una parte all’altra del globo.

I porti in quella strategia avevano un ruolo decisivo perché costituivano dei presidi e degli snodi sui territori, dei gatekeeper. E, come insegnano anche i casi recenti Amazon e Ikea, chi governa e gestisce le piattaforme determina il flusso di tutti gli altri. L’Italia torni ad essere il naturale gatekeeper politico, culturale e logistico del Mediterraneo, altrimenti deve rassegnarsi ad essere una bandierina nella nuova geopolitica della logistica integrata.

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