L’Italia alla Sfida del G20L'IDEA DI ROBERTO RACE
- 7 July 2020
- Posted by: Competere
- Categories: highlights, News
Presi dalla discussione sulla ripartenza economica, è venuto il momento che si parli della presidenza italiana al G20 per l’anno 2021. Riusciremo a fare sentire la nostra voce sulla scena internazionale e contribuire alla riflessione sul nuovo mondo che vogliamo costruire?
Nel 2021 l’Italia assumerà la presidenza del G20. È la prima volta in assoluto e, ovviamente, è una grande occasione di rilancio del ruolo del nostro Paese sullo scenario internazionale. Un onore, ma anche un onere per il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il Ministero degli Esteri, Luigi Di Maio, che saranno in prima linea nella gestione del G20, perché il 2021 è l’anno in cui si comincerà a capire qual è stato l’impatto reale della pandemia e quanto è grave la situazione.
PERCHÉ È IMPORTANTE
Tutti i maggiori istituti internazionali sono stati chiari: la posta in gioco è altissima. Le più recenti stime del FMI prevedono un crollo del Pil mondiale del 4,9% e livelli di indebitamento pubblico paragonabili a quelli della II Guerra Mondiale. Molti osservatori ci ammoniscono che quella in arrivo potrebbe essere la più grave recessione economica dai tempi della Grande Depressione. Chi ha un minimo di senso storico lo percepisce: siamo a un punto di svolta. Siamo alla più grande prova per la nostra generazione e dobbiamo dimostrare di essere all’altezza del momento.
L’APPELLO DI GORDON BROWN
In questo scenario complesso, l’Italia, che prenderà il testimone del G20 dall’Arabia Saudita, deve accogliere l’appello di Gordon Brown lanciato a giugno. Il G20 è la sede perfetta per affrontare una crisi globale come quella innescata dal Covid-19. «Se il coronavirus attraversa tutti i confini, allora deve farlo anche la guerra per sconfiggerlo» ha scritto l’ex Premier britannico che ammonisce «Per la prima volta in questo secolo, la povertà globale sta aumentando e il trend di tre decenni di miglioramento del tenore di vita si sta invertendo». Una dinamica che in Italia le giovani generazioni stanno già sperimentando sulla propria pelle e che potrebbe aggravarsi se il macigno del debito pubblico non verrà alleggerito con investimenti pubblici in grado di far ripartire la crescita del Paese.
LA SFIDA PER L’ITALIA
L’Italia, che per prima in Europa è stata colpita dalla crisi e, tutto sommato, ha retto l’urto dell’ondata epidemica, ora deve dare un colpo di reni e ripartire. Abbiamo pochi mesi prima di prepararci a questo appuntamento e dobbiamo farlo con il massimo impegno.
Come giustamente ha dichiarato l’Ambasciatore Pietro Benassi, «dovremo puntare sulla valorizzazione di quei beni pubblici – People, Planet, Prosperity, Public Health – che sono condizione per prevenire ed affrontare shock come quelli che stiamo vivendo e immaginare un nuovo modello di sviluppo». Un approccio in linea con i valori e con la visione dell’Italia che, con più convinzione che mai, dovremo portare nel forum internazionale del G20. La presidenza italiana potrebbe avere anche la possibilità di affrontare ed offrire soluzioni a temi troppo spesso procrastinati come la scarsa armonizzazione di tra le regolamentazioni nazionali ed il costo imposto alle imprese nell’ottemperare con procedure troppo spesso ripetitive ed eccessivamente burocratiche, particolarmente per le piccole e medie imprese (PMI), le più deboli nelle diverse filiere.
G20 E NUOVO MULTILATERALISMO
Il G20 a guida italiana è un’opportunità per rafforzare il multilateralismo che la guerra fredda tra Usa e Cina ha messo in crisi. Un multilateralismo che, di fatto, la pandemia ci ha fatto riscoprire come una via percorribile.
Perché, che si professi la fede sovranista o quella globalista, il Covid-19 ci ha messo di fronte a una realtà innegabile: un problema globale si può risolvere solo con una risposta globale. Se i grandi leader del pianeta non si siederanno intorno a un tavolo e cercheranno di prendere le adeguate contromisure, le conseguenze potrebbero essere pesantissime. Sotto il profilo economico-finanziario, ma anche dal punto di vista della tenuta istituzionale del modello liberal-democratico, che, come diceva Churchill, «è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che sono state sperimentate finora».
Al nostro Paese l’arduo compito.