La sicurezza alimentare chiama: il G7 Agricoltura rispondaDI PIETRO PAGANINI

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HuffPost ha pubblicato un commento di Pietro Paganini, in cui esplora il cruciale tema della sicurezza alimentare e la necessità che le sfide ad esso legato siano affrontare durante il G7 dei ministri dell’agricoltura.  

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In questi giorni si tiene il G7 dei ministri dell’agricoltura, un’occasione cruciale per affrontare le sfide della sicurezza alimentare. Sebbene non sia possibile risolvere problemi così complessi in poche ore, si attende dai leader una visione chiara: aumentare la produttività agricola e garantire la sicurezza alimentare, bilanciando le esigenze sociali, economiche e ambientali.

Entro il 2050, la popolazione mondiale raggiungerà i 9,7 miliardi, creando una crescente domanda di cibo. Per comprendere la dimensione del problema, saranno necessari tra i 30 e gli 80 milioni di ettari in più solo per produrre gli oli e i grassi vegetali necessari per una dieta bilanciata, risorse difficili da trovare senza compromettere l’ambiente. La risposta risiede nel miglioramento della produttività agricola, supportato da politiche che promuovano investimenti in innovazione tecnologica e gestione efficiente.

La tecnologia è essenziale per garantire una produttività sostenibile: l’agricoltura sintetica, cellulare o senza terra, spaziale applicata alla terra, quantistica, circolare e rigenerativa, su misura, la biofabbricazione e i materiali innovativi, l’intelligenza artificiale e l’automazione, l’Internet degli Organismi Viventi (IoLT) sono solo alcuni dei settori da sviluppare. Le aziende italiane sono già in prima linea, per esempio con la zootecnica rigenerativa.

Le filiere delle carni (bovine, suine e avicole) valgono, nel loro complesso, il 13% del settore agroalimentare italiano che, nel 2023, ha raggiunto i 248 miliardi (il 12% del Pil nazionale). Il valore è di 33 miliardi di euro l’anno, di cui circa 22 miliardi provengono dall’industria della trasformazione e circa 11 miliardi dalla fase agricola. In termini occupazionali si tratta di mezzo milioni di addetti, divisi in 451mila negli allevamenti e 62mila nell’industria di trasformazione. Sono invece 25mila le macellerie operative in Italia. Nonostante l’importanza di questi numeri, non sono sufficienti a garantire il “sovranismo” alimentare ambito dal Governo e, in misura minore, dalla UE. Attualmente importiamo il 60% delle carni che consumiamo. L’urbanizzazione ha innescato un declino costante delle attività di allevamento, aggravato dai cambiamenti climatici, dall’ascesa della società dei servizi e dell’informazione, e dalle trasformazioni sociali e antropologiche. Tuttavia, la digitalizzazione e l’automazione offrono la possibilità di incrementare significativamente la capacità produttiva, segnando un cambiamento radicale. È essenziale saper cogliere questa opportunità per affrontare efficacemente le sfide future.

La zootecnica rigenerativa rappresenta un innovativo modello di allevamento che integra principi ecologici, gestionali e tecnologici per creare sistemi agricoli sostenibili. Questo approccio promuove la diversità ecologica, riduce l’uso di sostanze chimiche e migliora il benessere animale, favorendo al contempo la rigenerazione del suolo, la biodiversità e il sequestro di carbonio. Attraverso pratiche come la rotazione del bestiame e l’uso di piante autoctone, si migliora la salute del terreno e si aumenta la resilienza degli ecosistemi agricoli.

Le tecnologie avanzate giocano un ruolo cruciale nella zootecnica rigenerativa. L’agricoltura di precisione, con l’uso di droni, sensori e sistemi GPS, permette di monitorare e gestire in modo efficiente pascoli e bestiame. L’intelligenza artificiale e i big data ottimizzano la rotazione dei pascoli, prevedono le esigenze nutrizionali degli animali e monitorano la loro salute, riducendo l’uso di antibiotici e migliorando il benessere generale. Inoltre, le biotecnologie, come l’inoculazione di microrganismi benefici e l’uso di biofertilizzanti, migliorano la fertilità del suolo e la resilienza degli ecosistemi.

I benefici della zootecnica rigenerativa sono molteplici. Ambientalmente, migliora la salute del suolo, aumenta la biodiversità e contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso il sequestro del carbonio. Dal punto di vista economico, riduce i costi operativi, aumenta la resilienza delle aziende agricole e consente l’accesso a mercati premium che valorizzano la sostenibilità. Socialmente, supporta le comunità rurali, migliora la qualità dei prodotti e promuove una maggiore consapevolezza sulla sostenibilità nell’agricoltura.

Le aziende italiane, anche di medie dimensioni, stanno già adottando queste pratiche in autonomia, nonostante la mancanza di supporto statale e le pressioni di gruppi ambientalisti e animalisti intenti a boicottare il consumo di carni. La zootecnica rigenerativa non solo tutela gli ecosistemi, ma offre anche benefici economici a lungo termine, come la riduzione dei costi e l’aumento della resilienza, rendendo la produzione alimentare più sostenibile e duratura.

Piuttosto che boicottare la carni, sarebbe più efficace promuoverne un consumo bilanciato e sostenibile che rispetti l’ambiente, il benessere animale e la biodiversità. Le pratiche di zootecnica rigenerativa non solo tutelano gli ecosistemi, migliorando la salute del suolo e il sequestro di carbonio, ma offrono anche benefici economici a lungo termine: riduzione dei costi, aumento della resilienza e accesso a mercati premium.

È fondamentale che i leader del G7 indirizzino le politiche verso l’innovazione tecnologica e la gestione efficiente delle organizzazioni agricole, per affrontare in modo efficace le sfide della sicurezza alimentare globale.

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