La stretta dell’Europa sui prodotti legati alla deforestazione è problematicadi Benedetta Annicchiarico e Antonio Picasso
- 23 December 2021
- Posted by: Competere
- Categories: highlights, News, Sustainable Nutrition
Articolo pubblicato per Linkiesta
La Commissione Ue ha proposto nuove misure contro le merci importate collegabili al fenomeno che danneggia l’ambiente, ma la scelta rischia di essere controproducente, addirittura minando la transizione ecologica
La proposta da parte della Commissione Europea di impedire l’ingresso al mercato comune a prodotti collegati alla deforestazione rischia di essere controproducente e di minare la natura globale della transizione ecologica. Il tentativo di implementare le cosiddette mirror clause, applicando quindi standard domestici anche ai prodotti importati, rischia di penalizzare i piccoli produttori e di disincentivarli a produrre sostenibilmente, rendendo l’Europa un partner commerciale economicamente sconveniente e politicamente alienante.
Qualsiasi dialogo sull’obiettivo ”zero deforestazione“, che la stessa Europa dice fondarsi sulla cooperazione tra produttori e consumatori, non può prescindere dai piccoli imprenditori che, come testimoniato dagli stessi nel convegno di dicembre “Small-Holders: Drivers of prosperity and sustainability” organizzato da Competere, sono già da anni impegnati in metodi di produzione sostenibili. Paradossalmente, sarebbero proprio loro a essere penalizzati dalle restrizioni e dai dazi indiscriminati usati per esportare gli standard ambientali europei.
Facendo un esempio pratico, la Colombia, terzo produttore mondiale di caffè, deve il 70% della sua produzione al mezzo milione di piccoli agricoltori che lavorano nell’entroterra equatoriale. Se l’Europa smettesse improvvisamente di essere loro acquirente, gli agricoltori si troverebbero davanti a un bivio: tentare di vendere ad altri Paesi, cercando di farsi strada in un mercato già saturo, oppure abbandonare le piantagioni di caffè per convertirle in coltivazioni più sicure e redditizie. Magari facendosi allettare da colture riconducibili alla criminalità internazionale. Prima fra tutte la coca. In ogni caso l’Europa ne uscirebbe perdente, con il rischio aggiuntivo di creare un gruppo di agricoltori più poveri e insoddisfatti di prima pronti a dare corda a chi come Jair Bolsonaro accusa l’Europa di strumentalizzare la sostenibilità per celare maldestri tentativi di proteggere la competitività dei propri prodotti alimentari.
Problemi mondiali quali la deforestazione necessitano di soluzioni altrettanto mondiali. Per potersi riconciliare con la globalizzazione, la sostenibilità deve basarsi su processi decisionali trasparenti e multilaterali, obbligatoriamente complessi, ma comprensivi delle necessità e delle rimostranze di tutti gli stakeholder. E soprattutto guidati da uno spirito di do ut des politico ed economico, per evitare che le tanto decantate virtù ecologiche dell’Europa si conquistino a discapito del benessere economico di milioni di persone, diventando invece carburante di populismi e sovranismi antitetici a una transizione davvero globale e inclusiva. Nessuno ha detto che sia facile…