Migrazioni e Cambiamento Climatico: una Storia a MetàL'IDEA DI BENEDETTA ANNICCHIARICO

Media e policy-maker forniscono stime allarmistiche sul futuro delle migrazioni indicando come causa principale i cambiamenti climatici. Tuttavia se si guardano i numeri con approccio razionale emerge un’altra verità: le migrazioni avvengono per fattori economici, politici e sociali. Sarebbe meglio, quindi, concentrarsi su soluzioni che coniughino sviluppo e sostenibilità.

Quando si parla delle conseguenze del cambiamento climatico, l’emigrazione di massa dalle aree più vulnerabili della Terra è spesso citato come tra le più preoccupanti. Tanto policy-maker di ogni credo quanto ONG impegnate nell’ambito umanitario hanno lanciato l’allarme riguardo all’arrivo di rifugiati nell’ordine tra 140 milioni e 1 miliardo entro il 2050, tutti in fuga da siccità, carestie o inondazioni, e in cerca di condizioni ambientali migliori a più alte latitudini. Sono cifre affidabili? È il cambiamento climatico la principale motivazione che spinge le persone a migrare?

IL NESSO CLIMA-MIGRAZIONE

Queste dichiarazioni sono ricche di immagini fuorvianti e storie raccontate a metà. Il nesso centrale tra cambiamento climatico e migrazione, nonostante sia all’apparenza intuibile e scontato, è in realtà molto complesso e nebuloso. Quando un individuo sceglie di emigrare, raggiunge la conclusione di un processo decisionale molto complesso e influenzato da una lunga lista di variabili. Solo quando si verificano casi di disastri naturali come tsunami e terremoti possiamo parlare con certezza di migrazione, o meglio sfollamento, provocato da eventi climatici. Rimane estremamente difficile quantificare la misura in cui l’innalzamento delle temperature sia responsabile per i disastri naturali che a loro volta innestano evacuazioni. Laddove i fenomeni naturali sono progressivi ma innegabilmente legati al cambiamento climatico, come la siccità o la salinizzazione degli acquiferi che provocano carestie, la difficoltà sta nel discernere se la motivazione principale dietro la scelta individuale di emigrare sia la degradazione ambientale in sé o le privazioni che la degradazione esaspera.

Principali cause di emigrazione tra più di 10 000 rispondenti su 7 rotte migratorie

Fonte: Frouws e Horwood, 2019

NUMERI E PAROLE

È quindi evidente che l’etichetta di “migrante o profugo ambientale” è quanto mai contestabile, e che qualsiasi stima numerica futura si basa su supposizioni precarie. Rimane indiscutibile che il cambiamento climatico stia mettendo a rischio il benessere delle milioni di persone che abitano in zone vulnerabili o che dipendono dalla bontà dei raccolti per sopravvivere; né si dubita che molte conseguenze del cambiamento climatico aggravino situazioni di precarietà e inducano parzialmente all’emigrazione. Le stime allarmistiche si basano, però, sul peggiore dei casi: uno scenario senza capacità di adattamento e resilienza da parte delle comunità interessate e senza alcun progresso fatto nella mitigazione dell’aumento delle temperature. Molte affermazioni di media e policy-maker occidentali trascurano inoltre la natura primariamente domestica e spesso stagionale dei modelli migratori che interessano le zone climaticamente a rischio. Lo spauracchio di “un’invasione” di milioni di migranti climatici che attraversano confini e mari è ad oggi poco supportata dalla ricerca.

RESILIENZA E ADATTAMENTO

Ciò che la ricerca supporta con certezza è l’alto grado di vulnerabilità ambientale che interessa milioni di individui. Un approccio scientifico al tema basato sull’evidenza empirica è fondamentale per evitare di scadere nella retorica, che decontestualizza e strumentalizza i numeri. Se l’obiettivo è di prevenire l’emigrazione delle comunità più a rischio, sia per motivi prettamente umanitari sia per preoccupazioni legate alla stabilità di Paesi già fragili, la chiave sta nell’irrobustirne la resilienza e la capacità di adattamento. Non solo tramite infrastrutture e sviluppo economico, ma anche con la promozione di fonti di sostentamento alternative a quelle oggi minacciate e di metodi di produzione agricola sostenibili e resilienti. In questo, il concetto di Nutrizione Sostenibile può giocare un ruolo fondamentale, promuovendo diete sane basate su pratiche sostenibili che possono sopravvivere all’inasprimento delle condizioni climatiche.

 

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