Nutriscore, così la pagella europea affosserebbe il pranzo di Natale e non solodi Antonio Picasso

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Articolo pubblicato per Economy


Se dovessimo affidarci alle tabelle messe a punto a Bruxelles buona parte della nostra dieta sarebbe bandita in favore di cibi decisamente meno sani

NATALE COL NUTRISCORE

Immaginiamo un classico pranzo di Natale, di quelli con zii e cugini che non vedi per tutto l’anno e finiscono per riempirti la casa fino alle sei di sera. Guardiamo il menu con un Nutriscore calculator alla mano. Premessa per non addetti ai lavori: faremo le pulci a cosa mangiano gli italiani a Natale, per capire se la tradizione riesca ad andare d’accordo con alcune semplici regole di sana e corretta alimentazione.

Il Nutriscore, in tal senso, può esserci d’aiuto. Questo innovativo sistema di etichettatura ricorre all’efficace e immediata immagine di un semaforo: assegna un colore – e dunque un via libera o meno – a ogni alimento in base al livello di zuccheri, grassi e sale, prendendo come riferimento una dose standard di 100 grammi di prodotto. Intuitivamente i cibi con luce verde sono da preferire rispetto a quelli rossi.

Mettiamoci a tavola, quindi. Tra gli antipasti abbiamo un salame Felino e un prosciutto stagionato portati dallo zio. Sono entrambi in zona arancione e classificati con la lettera D: per il Nutriscore siamo in territorio pericoloso già alla prima portata. Ma è Natale, uno strappo alla regola ci è concesso. Soprattutto se la nonna ha passato l’intera ultima settimana a preparare tortellini, instancabilmente convinta che la nostra famiglia abbia le dimensioni di una divisione militare. Tuttavia, anche i tortellini – quelli da fare in brodo che, se avanzano, li metti in un timballo al forno il giorno dopo – per il Nutriscore sono D.

FUORI I SECONDI

Seguono i secondi. Papà è un cultore del bollito misto e quest’anno ha incluso il cotechino perché, dice, sulla bontà garantisce il macellaio di fiducia. Ovviamente, un’altra D dal Nutriscore. Passiamo ai dolci. In azienda sono arrivati dei regali da alcuni clienti: torrone e cioccolatini assortiti, una doppia E. Infine, il grande quesito che scatena una vera e propria guerra di religione nei pranzi di natale: panettone o pandoro? Poco importa, il Nutriscore li secca entrambi con una E.

Va bene sgarrare, ma tutto questo saturo non possiamo permettercelo. Proviamo a eliminare qualcosa. Al posto dei salumi mettiamo delle patatine fritte, confezionate: quelle unte e salate che divoriamo sul divano davanti alla TV. Vanno bene: piacciono ai bambini e valgono B per il Nutriscore. Poi potremmo riscaldare una bella teglia di lasagne agli asparagi, quelle precotte del supermercato dietro casa. Si mettono in forno, la nonna si riposa e sono C!

Se poi si ha ancora fame, si potrebbe decongelare una bella “Pizza cannibale”, ricca di proteine: una bella B. Qual è il paradosso? Che non solo i cibi ritenuti comunemente più sani ottengono il via libera dal Nutriscore. Una busta di insalata è ovvio che ottenga una A, mentre stupisce la promozione a pieni voti di un bizzarro pranzo di Natale all’insegna dei prodotti precotti.

LE DEBOLEZZE STRUTTURALI DELLA PAGELLA

Infatti, l’assurdo confronto mette in evidenza le debolezze strutturali di uno strumento che, per quanto ispirato dalle migliori intenzioni – la necessità di informare il consumatore affinché segua un regime alimentare sano ed equilibrato – è nato in un laboratorio francese e non ha raccolto le sufficienti applicazioni pratiche per poter dire che dispone di un supporto scientifico valido.

La nostra simulazione fa inoltre luce su un non-sense di fondo: con il Nutriscore potremmo rinunciare al mitico pranzo natalizio sostituendolo con degli alimenti che, per quanto convalidati dal sistema di etichettatura, verrebbero bocciati senza appello da un qualsiasi dietologo. Certo, possiamo dire che la convivialità natalizia viene salvata dalla comune voglia di mettersi ai fornelli, condividendo piatti della tradizione senza pensare troppo a colori, semafori, ma soprattutto al girovita.

Questo però non basta per affrontare alla radice il problema. Una qualsiasi etichettatura fronte-pacco è utile se fornisce al consumatore informazioni scientificamente provate che siano utili per la sua salute. Tutte le altre argomentazioni rientrano nei terreni (altrettanto nobili) dell’economia – il Nutriscore, o chi per lui, quale filiera va a colpire e quale major della GDO va a beneficiare? – e della politica – è un progetto che la Francia vuole imporre al resto d’Europa? Se sì, quante possibilità ci sono di bloccarlo? Quali le alternative?

Finché non si cambierà paradigma, anteponendo il consumatore e ricorrendo alla scienza medica e alla tecnologia – le applicazioni digitali in questo caso risultano un valore aggiunto senza precedenti – per elaborare diete e regimi alimentari individuali, quella dell’etichettatura fronte-pacco resterà una guerra di posizione tra interessi di un governo o di un settore produttivo a spese di altri.

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