L’OMS Vs. la Proprietà IntellettualeL'IDEA DI GIACOMO BANDINI
- 28 January 2020
- Posted by: Competere
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L’OMS continua a prendersela con la proprietà intellettuale e i brevetti dei farmaci, che però sono linfa vitale per l’innovazione. L’inadeguato accesso alle cure e ai servizi sanitari sono invece causati da scarsi investimenti, burocrazia pesante e inadempienze dei governi locali. Perché l’OMS non affronta seriamente questi aspetti, invece di ostacolare il settore farmaceutico?
Il comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) si riunirà dal 3 all’8 febbraio per stabilire la propria agenda annuale e le priorità del 2020. I temi più caldi sul tavolo sono la nuova epidemia generata dal Coronavirus, l’antibiotico-resistenza che causa settecentomila morti all’anno e l’accesso alle cure di base che rimane ancora basso per milioni di persone. Uno dei temi più nascosti al pubblico, ma centrale nei lavori del comitato, è quello della proprietà intellettuale.
PERCHÉ È IMPORTANTE Spesso l’OMS ha additato i brevetti farmaceutici come la causa della scarsa possibilità di accesso alle cure, rivelando un certo sentimento anti-industriale e anti-innovazione. Ma è veramente così? È colpa dei brevetti sui farmaci se milioni di persone rimangono escluse?
I DATI NON MENTONO Siamo abituati a credere che le politiche pubbliche sanitarie governative tutelino i pazienti e coprano i costi diretti dell’assistenza sanitaria. Tuttavia, un recente studio condotto su 50 paesi a basso e medio reddito ha rivelato che in solo sei di questi i cittadini avevano accesso ai trattamenti di base senza dover pagare di tasca propria. Allo stesso tempo 150 milioni di persone ogni anno spendono più di quanto è nelle loro disponibilità per accedere alle cure di base. Per fare un esempio, in India (dove spesso il Governo ha imposto violazioni del brevetto sul farmaco) il 65% dei servizi assistenziali pubblici è a carico del paziente. Nelle Filippine il 54%, in Sri Lanka il 50%, in Indonesia il 37% e in Cina il 35%. Si tratta del 40% della popolazione mondiale.
POCHI MEDICI, MENO INFRASTRUTTURE Secondo un report della stessa OMS, in tutto il mondo mancano 7,2 milioni di operatori sanitari, che saliranno a 12,9 milioni entro il 2035. Le infrastrutture sanitarie non sono sufficienti per coprire il fabbisogno sanitario di gran parte della popolazione. Il 70% dei poveri vive nelle aree rurali, ma un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) mostra che il 56% delle persone che vivono nelle aree rurali non hanno accesso ai servizi sanitari – più del doppio rispetto alle aree urbane (22%). È chiaro che tale carenza di professionisti e di strutture pone ostacoli anche all’accesso alle cure specialistiche.
All’origine di questi problemi non vi sono solamente condizioni di povertà o sottosviluppo. I pazienti devono spesso attendere a lungo per poter avere accesso ai nuovi farmaci. Succede anche in un sistema elogiato e preso a modello come quello italiano. A causa della lentezza burocratica e di regolamentazione, possono volerci anni prima che un nuovo farmaco diventi disponibile. Il tempo medio di revisione per un nuovo farmaco o un vaccino in Indonesia dove ci vogliono 1057 giorni e nei Paesi dell’Africa sub sahariana in cui la media della durata dell’iter di approvazione può variare dai quattro ai sette anni.
SENTIMENTI ANTI-INDUSTRIALI Dunque perché l’OMS ha tutto questo interesse a ostacolare la proprietà intellettuale attraverso pratiche quali il compulsory licensing? La tutela dei brevetti significa innovazione. Significa incentivare nuove invenzioni e incoraggiarne la diffusione. Se è vero che l’OMS, come sostiene, vuole puntare sull’innovazione tecnologica non si comprende per quale motivo cerchi di rallentarne lo sviluppo. Pubblico o privato che sia. Al contrario sarebbe più utile un atteggiamento di apertura e cooperazione tra le parti, con il coinvolgimento dei governi e dei privati. Perché l’OMS non bacchetta l’inadeguatezza delle burocrazie e dei governi locali? Forse perché è più facile prendersela con l’industria farmaceutica (che in Italia peraltro sta trainando un buon pezzo di crescita) che con l’inadeguatezza di chi ti finanzia e ti sostiene. La salute non ha prezzo, dicono. L’innovazione invece ce l’ha. Perché non riconoscerne il valore?