Pedaggi Autostradali, Basta AumentiL'articolo di Stefano Cianciotta per Il Sole24Ore

Le discussioni che ogni anno all’inizio di gennaio accompagnano l’aumento dei pedaggi autostradali, sono francamente un rituale consuetudinario di cui vorremmo fare a meno, perché non vengono mai indicate delle soluzioni concrete per intervenire a sanare una situazione che si trascina da quasi venti anni.

Ogni anno puntualmente il 1 gennaio torniamo ad ascoltare le stesse affermazioni, senza che si intervenga in modo concreto sul vero nodo della questione: la ridefinizione del contratto con i concessionari.

Nel 2001, infatti, furono stipulati i primi contratti con i concessionari autostradali. Da allora non solo è stato ridisegnato il perimetro del sistema finanziario globale ed eroso il potere della classe media, ma abbiamo assistito ad una notevole produzione normativa nel settore degli appalti pubblici, che è andata anche nella direzione, almeno nelle intenzioni, di regolare il rapporto tra il pubblico ed il privato.

La revisione del contratto, anche alla luce della proposta di linea guida Anac sul monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico-privato, diventa quindi una operazione indispensabile per normare la redditività finanziaria del concessionario (i cui parametri di equilibrio tra l’analisi dei costi e i ricavi sono di fatto obsoleti), e al contempo non infierire sulla capacità di spesa degli utenti finali (automobilisti, autotrasportatori, linee traporto pubblico e privato), diminuita in questo lasso di tempo anche per effetto dell’introduzione dell’euro.

Se i tassi di rendimento degli investimenti dei concessionari non sono più convenienti considerata la vetustà dei contratti e dell’impianto normativo che li regolano, come ormai è acclarato, non si può scaricare questa incongruenza sui fruitori del servizio.

La linea guida Anac, che attende peraltro di essere approvata da oltre un anno, interviene proprio sulla revisione dei contratti delle concessioni e sulla disciplina dei contratti di partenariato pubblico-privato, definiti all’art. 3 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (il cosiddetto Codice dei Contratti).

In particolare nella II parte della linea guida si individuano proprio gli strumenti per favorire non solo il controllo e il monitoraggio economico delle attività del concessionario, ma soprattutto indica quale direzione intraprendere nel caso di revisione del contratto, causata dalla inadempienza o inefficacia delle clausole contrattuali preesistenti, perché, ad esempio, sono venute meno le modalità che regolavano il rapporto ex ante.

Si pensi, a tal proposito, ai terremoti che si sono succeduti dal 2009, che hanno determinato sui tronchi autostradali A24 e A25 onerosi interventi di manutenzione straordinaria, non prevedibili all’epoca della sottoscrizione del contratto di concessione.

La manutenzione, infatti, è un argomento sempre di più centrale nella gestione delle infrastrutture italiane, anche alla luce dei vari crolli di ponti e di viadotti che si sono succeduti nel 2017 sui vari tratti stradali ed autostradali italiani.

L’Anac anche per questo insiste in modo puntuale sulla definizione della matrice dei rischi come strumento di controllo, sulla sua corretta analisi ed interpretazione, sul flusso di informazioni per il monitoraggio.

Per evitare lo stillicidio al quale siamo sottoposti ogni inizio anno, nel quale continuiamo ad assistere ad inutili prese di posizioni da parte degli enti locali che producono solo l’effetto di aumentare le tensioni tra il concessionario, lo Stato e chi usufruisce del servizio, va perseguita in modo responsabile una sola direzione: quella della revisione contrattuale.     

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