Policy anti-deforestazione: olio di palma modello sostenibileL'IDEA DI ANTONIO PICASSO

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In coincidenza con l’entrata in vigore del Regolamento europeo sui Prodotti a Deforestazione Zero (European Deforestation-free products Regulation – EUDR), il World Resources Institute (WRI) pubblica l’Outlook 2022 sulle policy antideforestanti adottate dai Paesi produttori di commodity agricole. Il report mette in evidenza i risultati ottenuti dalla filiera dell’olio di palma nel processo di riduzione dello sfruttamento dei “polmoni verdi” del pianeta.

L’olio di palma certificato come sostenibile va in controtendenza all’emergenza globale. È la conferma che le argomentazioni che attribuiscono un impatto ambientale significativo a questa materia prima, strategica per la sostenibilità alimentare della popolazione mondiale, siano da declassificare a fake news e a interpretazioni ideologiche quanto distorte della realtà.
LA CRITICITÀ PERSISTE       

In generale, il WRI denuncia l’aumento dello sfruttamento delle foreste pluviali primarie. Ed esprime quindi preoccupazione sul mantenimento dell’impegno assunto dai leader mondiali di attivare politiche anticicliche per arrestare la perdita di foreste entro il 2030.
Secondo i rilevamenti, tra il 2021 e il 2022, si è assistito a una drammatica erosione di 4,1 milioni di ettari di foreste nella fascia tropicale del pianeta. I Paesi che hanno registrato la maggiore intensità del fenomeno sono il Brasile e la Repubblica Democratica del Congo. Nello specifico, attori minori nella coltivazione di palma da olio, ma in generale ecosistemi soggetti a una significativa espansione demografica, quanto esposti a un processo di sfruttamento intensivo delle risorse naturali locali. In entrambi casi, è da sottolineare inoltre, che la deforestazione non è legata a fenomeni di incendi volontari – di solito finalizzati a strappare terreno vergine per poi reindirizzarlo a fini agricoli – bensì al disboscamento industrializzato, volto ad alimentare la filiera del legname (edilizia e mobili). Anche questo è un punto di forza per deresponsabilizzare la filiera dell’olio di palma dalla deforestazione in corso.

OLIO DI PALMA IN CONTROTENDENZA 
Invece, se si considerano i Paesi produttori di olio di palma, in particolare i primi quattro importatori in Europa – Indonesia, Malesia, Colombia e Guatemala – si nota la spirale virtuosa innescata in parte dalle normative UE, che hanno incentivato l’adozione di policy anti-deforestanti, in parte realizzata grazie alla lungimiranza delle imprese stesse, che hanno accolto la sostenibilità coma sfida per introdurre innovazioni tecnologiche e destinare investimenti pro ambiente.
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  • Indonesia e Malesia    

L’Indonesia e la Malesia sono già riuscite a mantenere i tassi di deforestazione ai minimi storici. Come mostra il grafico del WRI che segue, la perdita di foreste primarie in Indonesia è diminuita del 64%.

Le azioni correttive, impiegate attraverso l’obiettivo di emissioni negative di CO2 entro il 2030, hanno portato a una significativa riduzione della perdita di foreste. In Indonesia, questa diminuzione è stata possibile grazie all’implementazione di efficaci misure di prevenzione degli incendi a livello nazionale, oltre che a un rinnovato impegno per il ripristino delle torbiere e la riabilitazione delle mangrovie.

Impegni simili in Malesia hanno contribuito a ridurre del 57% la perdita di foreste a partire dal 2022. I tassi costanti osservati dal 2020 possono essere attribuiti a diversi fattori, tra cui la certificazione obbligatoria da parte dell’MSPO, iniziata nello stesso anno. Inoltre, la Malesia ha implementato un limite massimo per le aree di piantagione, che si estende fino al 2023, e ha introdotto sanzioni per il disboscamento illegale nel 2022.

L’adozione di politiche NDPE (No Deforestation, No Peat, No Exploitation) da parte di questi Paesi ne ha dimostrato l’efficacia, fungendo da prezioso esempio per altri Paesi. 

  • Guatemala e Colombia

Dal 2009, il Guatemala ha registrato un calo significativo della perdita di foreste, ad eccezione degli anni 2016 e 2020. In particolare, tra il 2021 e 2022 si è raggiunto registrato il minimo storico di perdita di foreste negli ultimi vent’anni. 
La Colombia, a sua volta, terzo produttore mondiale di olio di palma, dopo elevati tassi di deforestazione nel triennio 2018-2021, già dallo scorso anno ha invertito la rotta. Le statistiche per il 2021 e il 2022 evidenziano l’impegno costante di Colombia e Guatemala nella lotta alla deforestazione negli ultimi anni.   

BENCHMARK MONDIALE    

La filiera dell’olio di palma è diventata quindi un modello globale di sviluppo sostenibile. I dati, peraltro, confermano che i Paesi produttori erano in grado di raggiungere risultati importanti anche prima dell’attuazione dell’EUDR
Da anni infatti, gli impegni assunti dalle forze produttive, sia obbligatori sia volontari, stanno svolgendo un ruolo fondamentale nel guidare il cambiamento. Nonostante le polemiche, provvedimenti come lo stesso EUDR – il WRI ricorda che RSPO ha irrigidito i requisiti di certificazione già dal 2016 – vanno interpretati come incentivi alla competitività. All’insegna del “la norma fidelizza il cliente”, le imprese hanno intuito che lo stare sul mercato richiede un cambio di passo. Per il cliente occidentale, ovvero il trasformatore della commodity – insostituibile in termini di quantità acquisite e disponibilità finanziaria – la sostenibilità è business critical.
È da qui che nasce il processo di certificazione che ha permesso all’olio di palma di dimostrare la garanzia delle pratiche di sostenibilità adottate lungo tutta la filiera.
Il combinato disposto tra la norma e la predisposizione delle unità produttive alla sostenibilità permette agli osservatori del WRI di essere ottimisti, sulla piena attuazione dell’EUDR entro i prossimi 18 mesi. 
Il settore, sempre più certificato come sostenibile, sta compiendo i passi nella giusta direzione per ottenere un prodotto veramente “sustainable compliant”. È quindi fondamentale che i media e le istituzioni europee lo riconoscano e agiscano sulla base di questa realtà, invitando le altre filiere a intraprendere questo percorso.
Quella di WRI è quindi una “call to action” alle istituzioni e alle forze produttive affinché seguano le orme dell’olio di palma“Mentre alcuni Paesi hanno mostrato risultati promettenti nel ridurre la perdita di foreste, come l’Indonesia e la Malesia – si legge nelle conclusioni del report – altri hanno continuato a condurre attività e politiche che stanno causando un’accelerazione della deforestazione in aree critiche”. Da qui la necessità di passare a impegni politici che definiscano la giusta quadra tra gli interessi economici e l’urgenza di frenare il cambiamento climatico globale e proteggere le persone e la biodiversità

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