Proprietà Intellettuale e Fisica, l’Italia non Tutela AbbastanzaL'Intervista di Lettera43 a Pietro Paganini e Giacomo Bandini

Diritti di proprietà, eterni sconosciuti. L’Italia, si sa, non è mai stata sotto un regime comunista ma non è nemmeno la patria del liberalismo. Eravamo e restiamo, da questo punto di vista, un Paese ibrido che riconosce la proprietà fisica e intellettuale ma non la tutela mai abbastanza, come si evince da una ricerca promossa dalla Property Rights Alliance, che riunisce varie organizzazioni e think tank internazionali.

PIÙ TUTELI, PIÙ CRESCI. Il risultato di questa ricerca è l’Ipri, International Property Rights Index, un indice che misura il grado di tutela della proprietà fisica e intellettuale di 127 Paesi che rappresentano il 98% del Pil e il 94% della popolazione mondiali. Si tratta di uno strumento utile per mettere a confronto il grado di tutela della proprietà con la capacità di ogni area geografica e di ogni Paese di produrre innovazione ed essere competitiva sul mercato globale. Dalla ricerca emerge che i Paesi più impegnati nella difesa e nella tutela della proprietà, sia fisica sia intellettuale, sono anche quelli che crescono maggiormente e che sono più competitivi e attenti all’innovazione.

ITALIA “ARRETRATA”. In prima posizione troviamo la Nuova Zelanda, seguita dai Paesi scandinavi e dalla Svizzera. L’Italia, invece, è al 49esimo posto, molto lontana rispetto agli altri Stati membri del G20 come Canada, Germania, Stati Uniti, Francia, Giappone e Regno Unito. Nel corso dell’ultimo anno il nostro Paese ha guadagnato una sola posizione ma ne ha perse nove rispetto al 2014. Per la precisione il punteggio Ipri dell’Italia è aumentato di 0,32 fermandosi a 5,98, che tra l’altro ci posiziona al 18esimo posto nella regione dell’Europa occidentale sebbene rientriamo nei Paesi ad alto reddito.

I punti deboli italiani si riscontrano soprattutto nel settore giudiziario dove il controllo della corruzione e l’indipendenza della giustizia fanno registrare un punteggio molto basso. Il valore del sistema giuridico e politico dell’Italia è aumentato soltanto di 0,05 arrivando complessivamente a 5,23 con punteggi di 4,72 in indipendenza giudiziaria, 5,5 in stato di diritto, 5,8 nella stabilità politica e 4,91 per il controllo della corruzione. «Questo indice dovrebbe servire alla politica per migliorare alcuni aspetti negativi sia dal punto di vista della governance sia dal punto di vista legislativo», osserva Giacomo Bandini, direttore generale di Competere, il think thank liberale che ha presentato i risultati di questa ricerca a Roma. «L’Italia», continua Bandini, «ottiene sempre pessimi risultati dal punto di vista dell’accesso al credito, della corruzione e dell’efficacia del sistema giuridico amministrativo. Questo inevitabilmente si ripercuote sulla capacità di fare innovazione e sulla tutela dei diritti che sono frutto della capacità di innovare, quelli che attengono alla proprietà intellettuale e fisica».

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