La Proprietà Intellettuale Spinge il PILL'INTERVISTA A PIETRO PAGANINI DI QUOTIDIANO.NET

L’Italia sarà anche nel G7, ma di certo non in quello della tutela della proprietà intellettuale: il Bel Paese, all’interno di una ideale classifica mondiale, si colloca infatti soltanto in 46esima posizione, dietro a Bahrein e Giordana. Lo rivela l’ultimo report della Property Rights Alliance, uno studio che misura come viene tutelata la proprietà intellettuale in oltre 129 Paesi, rappresentanti il 98 per cento del Pil mondiale e il 93 per cento della popolazione. «I diritti di proprietà sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica, e una componente fondamentale dell’innovazione», spiega Pietro Paganini (nella foto tonda), presidente di Competere.eu, think tank che aderisce alla Property Rights Alliance e docente alla John Cabot University.

 

“Dove siamo più vulnerabili?
«La versione 2019 dell’International Property Rights Index contiene anche un caso studio realizzato da Competere sulle problematiche che l’ingresso dell’Italia nella Belt and Road Initiative cinese comporta in termini di tutela del know-how e del prodotto. La nostra analisi suggerisce che l’apertura di una nuova Via della Seta potrebbe aggravare questo fenomeno, facendo dell’Italia un punto di transito verso l’Europa per nuove merci contraffatte e danneggiando le imprese nostrane».”

Anche il governo cinese si sta muovendo a favore della difesa dei diritti di proprientà intellettuale.
«La Cina, che vuole il primato mondiale dell’innovazione entro il 2050, ha avviato un piano ambizioso quanto irrealistico per eliminare entro il 2020 la contraffazione (400 miliardi annui di valore stimato), al fine di ottenere lo status di economia di mercato ed avere accesso ai club internazionali che contano. Per la legge del contrappasso, i cinesi temono che i loro prodotti ad alto valore tecnologico ed intellettuale possano essere copiati e replicati da altri. Se Pechino, almeno nei proclami, si sta muovendo nella giusta direzione, troppe regioni restano ostili alla difesa della proprietà, con conseguenze, non solo economiche, devastanti per chi fa innovazione, ma anche con danni sociali rilevanti».

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