Sicurezza alimentare: strategie globali e tecnologiaL'IDEA DI ANTONIO PICASSO

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Cop27 al via. Che senso ha tenere un evento che, prima ancora di iniziare, è malvisto da tutti? Ma la sicurezza alimentare, tema al centro del summit di Sharm, richiede strategie coraggiose da parte della comunità internazionali. Quella del cibo è anch’essa un’emergenza. Come si è detto al G20 di Bali. Per questo servono politiche industriali globali e soluzioni che chiamano in causa anche l’intelligenza artificiale.

UN EVENTO DI POCA SOSTANZA 

La sicurezza alimentare è uno dei temi all’ordine del giorno della Cop27 che si sta tenendo a Sharm el-Sheikh. Scelta corretta, sia perché l’attualità di questi ultimi mesi vuole che si parli di emergenza cibo, sia perché proprio l’Egitto è stato uno dei Paesi più prossimi al collasso a seguito della crisi del grano di giugno-luglio scorsi. 

D’altra parte né l’ottimismo né la concretezza stanno accompagnando il summit. Prima ancora che iniziasse infatti, la conferenza è stata oggetto di critiche, per il fatto che le edizioni precedenti non hanno portato a un accordo sul clima e ad alcuna soluzione condivisa. Viene il sospetto, quindi, che non sia l’ottimistica ostinazione a far ripetere per 27 volte un evento abortito prima del nascere, bensì la convinzione un po’ ipocrita che le Cop vadano fatte “tanto per fare”.

IL PROBLEMA C’È  

Con la guerra russo-ucraina e le conseguenti crisi del grano e dell’olio di girasole, la comunità internazionale si è resa conto di un fenomeno che, in realtà, persisteva da un più lungo periodo, ma che proprio in questi mesi ha avuto un’impennata. Le filiere delle materie prime agricole sono squilibrate ed esposte a fattori esogeni, quali escalation geopolitiche e speculazioni finanziarie. In piena pandemia, la Fao denunciava la crescita costante dei prezzi di commodity quali cereali, carne, soia e olii vegetali. Per questi ultimi, registrava un incremento di quasi il 250% sui livelli di standard pre-Covid. In un mondo abitato da poco meno 8 miliardi di persone, il fabbisogno alimentare è anch’esso una domanda di energia. Le calorie, infatti, stanno al corpo umano quanto le fonti energetiche all’industria manifatturiera. E così come le forze produttive stanno pagando lo scotto della guerra, ma non solo, rischiando di chiudere, l’umanità vive concretamente il pericolo della fame. Per questo appaiono vuote di contenuti le polemiche montate dopo la recente provocazione sulle farine d’insetti. La presa di posizione, per quanto discutibile nei tempi e di complessa metabolizzazione per un Paese come l’Italia, non va presa come un colpo di pistola sparato alla cieca tanto per scatenare una guerra. L’apporto energetico giornaliero di una persona è un problema da affrontare con scientificità e realismo. Le farine d’insetti non piacciono. Siamo d’accordo. Ma allora va cercata un’alternativa valida. Altrimenti si cade nello stesso ricatto ideologico del “no combustibili senza se e senza ma”.

BEST PRACTICE IN CORSO A MONTE  

Come spesso accade, è dagli addetti ai lavori che giungono le soluzioni più sostenibili. Mentre infatti si denuncia l’inconsistenza della Cop27, oppure si critica il processo di decarbonizzazione in Europa, o, ancora più nel dettaglio, in Italia si fa melina intorno alla nuova denominazione del Ministero dell’Agricoltura e della Sostenibilità alimentare, il G20 di Bali (Indonesia) ha fatto luce su come la filiera degli olii vegetali – colpita, ma non fiaccata dalla tempesta perfetta – sia riuscita a garantire la domanda globale di fornitura, evitando i colli di bottiglia e, al tempo stesso, rispettando gli standard di sostenibilità ambientale. 

Il summit è stato promosso dal Governo indonesiano, in qualità di Presidente del Gruppo G20 2022, in collaborazione con il Consiglio dei Paesi Produttori di Olio di Palma, Competere, FAO, WFP, WTO, di aziende come Cargil, Sine Darby e organizzazioni settoriali come GAPKI, United Soybean Board, Malaysian Sustainable Palm Oil e ONG, come Solidaridad. 

Per la prima volta, i principali stakeholder globali si sono incontrati per discutere, in contesto di prima categoria, le sfide attuali e con l’obiettivo di rafforzare la resilienza e la sostenibilità delle catene di produzione.

SOLUZIONI SOSTENIBILI A VALLE 

Bali non basta, però. Si potrà parlare di sicurezza alimentare quando, a fianco delle filiere di produzione, anche l’industria di trasformazione si dimostrerà resiliente. Senza falsa modestia, ci teniamo a ricordare come il nostro istituto avesse già proposto alla passata legislatura l’avvio di un piano strategico per le materie prime alimentari. Siamo convinti infatti che sia compito del Parlamento la promozione di una politica industriale dell’agrifood. Così come si sta facendo dell’energia. E come si è fatto in materia di innovazione tecnologica. 

Anzi, proprio perché viviamo nella società della conoscenza, in cui tutti i fattori di sviluppo e le criticità sono interconnesse, vediamo nelle soluzioni digitali una potenziale spalla al settore affinché non si trovi più a gestire da impreparato i futuri cigni neri. 

Grazie a tecnologie di machine learning e blockchain, è possibile elaborare previsioni di costi e disponibilità delle materie prime. Soluzioni simili sono già state applicate con successo nell’ambito delle fonti rinnovabili, come anche dalla filiera dell’acciaio. Grano e soia, di fatto, non sono poi tanto differenti.

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