Smart working Tra Politica e ManagementL'IDEA DI ANTONIO ORTENZI

“Una persona che ha un incubo può fare molte cose nel suo sogno, correre, nascondersi, lottare strillare saltare un dirupo ecc., ma nessun cambiamento da uno qualunque di questi comportamenti a un altro porrebbe mai fine all’incubo. L’unico modo di uscir fuori da un sogno implica il cambiamento dal sognare all’esser desti.”
(J.H. Weakland, P. Watzlawick e R. Fisch – Change: la formazione e la soluzione dei problemi).

Fra il 2011 e il 2018, l’OMS ha registrato circa 1483 eventi epidemici in 172 Paesi. La natura è un serbatoio infinito di nuove specie virali, con gradi di infettività variabili, che possono rappresentare una minaccia potenziale per la nostra società. Facendo un paragone con l’influenza pandemica del 1918, la quale ha colpito un terzo della popolazione mondiale, uccidendo più di 50 milioni di persone, circa il 2,8% della popolazione totale, l’OMS ha dichiarato che, se un simile contagio si verificasse oggi, con una popolazione quattro volte maggiore e una velocità di spostamento, da una parte all’ltra del globo, inferiore alle 36 ore, circa 50-80 milioni di persone potrebbero morire.

PERCHÉ È IMPORTANTE 

Questo causerebbe il panico e destabilizzerebbe la sicurezza nazionale. A livello economico, la Banca Mondiale ha stimato che un’influenza pandemica globale, simile a quella del 1918, potrebbe costare circa 2,7 trilioni (miliardi di miliardi) all’economia moderna, fino al 4,8% del prodotto interno lordo. Il costo potrebbe essere di addirittura il 2,2% del prodotto interno lordo anche solo per una influenza pandemica di moderata intensità.

Perché, allora, negli ultimi sette anni in Italia non ci siamo preparati? Pur essendo minacciati da epidemie a livello mondiale il più delle volte non ce ne rendiamo conto perché spesso sono geograficamente lontane. Hanno dunque effetto quasi nullo sulla nostra percezione e nelle nostre coscienze. Da qui il sogno (tanto a noi non succederà mai) che è diventato incubo e dal quale ora in un modo o nell’altro ci dobbiamo svegliare. Cambiamo!

AGILE

Ormai questa parola viene ripetuta come un mantra alla stessa stregua di smart working senza avere da parte dei decisori politici e soprattutto in alcuni comparti produttivi della PMI la benché minima cultura sul tema. Ecco che quindi che si scambia l’home-working (lavoro da casa) con lo smart working.

Senza scomodare troppo i paradigmi della storia delle organizzazioni nei primi del ‘900 prese piede quello della programmazione (ma qualcuno, a ragion veduta, dice anche predizione) e controllo dal quale negli anni nacque il project management, metodologia organizzativa fatta per processi con tecniche waterfall. Sono cambiate le organizzazioni e anche il project management nel mondo che si è evoluto. Ora ci sono le tecniche agili o lean. Possiamo dire che le tecniche agili sono una evoluzione del project management e si basano su framework (Strutture organizzative o ambienti di supporto) e su uno stile di leadership che è a servizio dei vari gruppi di lavoro. Non più predizione e controllo ma un modello di lavoro agile privo di lacci e lacciuoli e soprattutto quasi scevro da polverosi documenti.

LA LEADERSHIP AL CENTRO

Si deve lavorare per obiettivi (sui risultati dunque non sugli orari di lavoro) in condizioni smart. Per avere un’organizzazione del lavoro agile il modello di leadership dei manager dovrà, dapprima, concepire il nuovo lavoro su piattaforme cloud (che non è la nuvoletta nella quale salvate le foto dei vostri piatti cucinati in quarantena) e poi dovrà mettersi a servizio dei lavoratori con regole del lavoro certe, con approcci di coaching e, se serve, anche di formatore (a discapito della politica del lavoro nella quale noi italiani siamo molto bravi a fare teorie di fronte alle macchinette del caffè aziendali) in maniera da limitare quel senso di vertigine che oggi affligge il 90% degli home-worker. Gli strumenti digitali grazie all’Industria 4.0 ci sono tutti ed anche le metodologie.

SMART

È un acronimo anglosassone per indicare le parole Specific, Measurable, Agreed (or Achievable), Realistic, and Time Bound (or Timed) ovvero nella declinazione italiana: Specifico, misurabile, concordato (o realizzabile), realistico e vincolato (in un lasso di tempo). Viene naturale quindi porre una domanda rivolta a coloro che oggi continuano a lavorare da casa. Il vostro lavoro è stato predisposto dalle organizzazioni alle quali appartenete per essere svolto con le specifiche smart di cui sopra? Oppure passate le giornate a fronte di una precaria connessione VPN (grande innovazione dei primi anni ’90 … sì avete letto bene 30 anni fa) per entrare in un server e per stare ore a telefono (anche personale) o in video conferenza senza confini di orari (diritto alla disconnessione… questo sconosciuto)?

La formazione sarà la chiave di volta a partire dai livelli apicali e poi a scendere fino ad arrivare a chi si occupa di Data Entry. Una sfida, questa, che non è mai stata accettata a pieno per cercare di salvare le posizioni acquisite (e le poltrone) conquistate da anni (con sistemi a dir poco discutibili e sicuramente con inutili sacrifici) e verso le quali la politica ha spesso girato le spalle facendo finta di nulla.

Ci si sveglia dall’incubo nella Fase 3, con aiuti concreti certo, non a colpi di DPCM, ma con progetti a medio termine che possano far tornare a sognare gli italiani e non far più nuovi incubi dai quali ci potremmo svegliare ancora una volta impreparati.

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