Spreco alimentare: dalla carne un esempio virtuosoL'IDEA DI ANTONIO PICASSO

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  • A sei anni dal 2030, il target ONU di dimezzare lo spreco alimentare appare lontano;
  • L’Italia è all’avanguardia nelle politiche pubbliche contro lo spreco alimentare (Legge Gadda 2016, nuovi disegni di legge).
  • La zootecnia rigenerativa è una soluzione innovativa che riduce gli sprechi e valorizza le aree rurali.

La lotta allo spreco alimentare è una questione morale, economica e ambientale. Ma è anche un fatto di consapevolezza. In un clima di demonizzazione di alcuni alimenti, emerge il caso delle filiere delle carni che, a dispetto di qualunque pregiudizio, sono un modello di circolarità.

La giornata internazionale della lotta agli sprechi alimentari, che si è celebrata lo scorso 29 settembre, ci è utile per riflettere su un percorso che, a livello mondiale, appare ancora lungo. Mentre, dalla prospettiva italiana, possiamo cominciare esprimere una certa soddisfazione. Quel miliardo di pasti sprecati quotidiani fa a botte con i quasi 800 milioni di persone che soffrono la fame ogni giorno. Nel 2015, l’Onu aveva inserito il dimezzamento dello spreco alimentare globale pro capite tra gli SDGs 2030. Sono passati quasi vent’anni da quella buona intenzione, ma è prevedibile che i sei restanti non siano sufficienti per il raggiungimento del target. D’altra parte, gli spazi per un’accelerata ci sono.

MODELLO ITALIANO

Come si diceva, l’Italia è un paese virtuoso in fatto di politiche pubbliche che promuovono la prevenzione dello spreco. La Legge Gadda del 2016 e ora il Disegno di legge presentato dai Verdi – di fatto un aggiornamento della prima – dimostrano la sensibilità delle istituzioni. L’auspicio in tal senso è che la nuova legislatura Ue ci segua. È necessario però un grado superiore di consapevolezza, che permetta di valorizzare quelle filiere produttive comunemente, ma erroneamente indicate come responsabili di un impatto ambientale maggiore di quanto sia in realtà. Da anni, questo istituto è impegnato nel promuovere modelli e filiere produttive che, a monte, costituiscono un baluardo di prevenzione. Ecco perché è necessario formulare politiche pubbliche che promuovano innovazioni tecnologiche sempre più coraggiose e che stanno alla base di una migliore produttività.

LA CIRCOLARITÀ DELLE FILIERE DELLE CARNI 

È il caso della zootecnia rigenerativa, il cui impatto positivo si osserva nelle pratiche di allevamento più a misura di benessere animale, nella valorizzazione dei pascoli e delle aree rurali più in generale, quanto anche nella riduzione degli sprechi a monte. Del resto, le filiere delle carni (bovine, ovine e suine) sono da sempre un esempio di economia circolare che pochi altri settori al momento riescono a eguagliare. Il foraggio, i fertilizzanti naturali, i prodotti stessi generati dall’animale allevato (carne, latte e pellame) portano a confermare l’antico proverbio per cui “del maiale non si butta via niente”. Come anche del bovino e di tutti gli animali da allevamento.  La circolarità fa parte della zootecnia da sempre e le nuove tecnologie non possono che migliorarla.

La filiera della carne vanta poi risultati altrettanto positivi a valle. Nel 2023, l’Osservatorio sugli sprechi alimentari del CREA stimava al 3% lo spreco domestico di carne alla settimana. In termini assoluti si tratta di 11 grammi a settimana per famiglia. Al contrario, frutta, verdura, cereali e pesce costituiscono insieme oltre il 50% di spreco settimanale delle famiglie italiane.

La carne non si spreca, quindi. Perché così come per l’allevatore è una necessità produttiva, per il consumatore la carne è un alimento altamente nutritivo e ha un costo. O meglio ancora ha un valore, di cui bisogna essere sempre consapevoli.

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