Spreco Alimentare, Perché Non ConvieneL'Idea di Competere

Nel 2006, i cittadini europei hanno sprecato più di 89 milioni tonnellate di cibo – in media 180 kg a persona – con danni economici ed ambientali di proporzioni inaccettabili.

Secondo la FAO, se gli attuali trend di domanda dovessero restare invariati, l’incremento demografico potrebbe far crescere la domanda alimentare addirittura del 70%. L’ipotesi dell’organizzazione è che contrastando lo spreco si potrebbe garantire fino ai tre quinti dell’offerta complessiva.

Il problema quindi sorge a monte, dal momento che lo spreco alimentare ha spesso origine dalla combinazione di due fattori:

  • Il cibo è un bene economico. Soprattutto nei Paesi sviluppati si ha accesso a grandi quantità di prodotti a prezzi contenuti e questo fa sì che i consumatori non  percepiscano la convenienza di evitare gli sprechi.
  • Esiste anche la tendenza nei mercati a stimolare lo spreco attraverso le vendite: quanto più cibo viene sprecato tanto più aumentano le vendite.

Questa relazione rischia di danneggiare seriamente le eccellenze italiane, su cui si fonda gran parte del nostro prestigio internazionale e della nostra economia. In quest’ottica è da accogliere con entusiasmo il lavoro di aziende italiane, come ad esempio Barilla che, attraverso il suo Center for Food & Nutrition (BCFN), si propone di approfondire il tema del migliore impiego delle risorse all’interno della filiera agroalimentare, segnalando le criticità e valutando l’impatto sull’ambiente della produzione e consumo di cibo.

Lo spreco alimentare non è soltanto una questione domestica. Ogni alimento che arriva sulle nostre tavole è il frutto di un lungo processo che inizia dai campi, continua nell’industria, prosegue nei supermercati e termina nelle nostre case. Lungo tutta questa filiera, le risorse utilizzate per produrre del cibo che verrà gettato via, sono di fatto risorse sprecate. Stiamo parlando di acqua, energia, suolo e lavoro.

Ma non solo. Fertilizzanti, pesticidi e carburante utilizzati invano e che causano una forte emissione di metano. Solo in Italia, i rifiuti agroalimentari determinano uno spreco di circa 19 milioni di barili di petrolio, che è come buttare via più di un miliardo di euro (Waste Watcher, 2014).

Lo spreco alimentare è un problema che coinvolge tutti, i produttori, i consumatori, i Paesi industrializzati e non. Sprecare così tanti alimenti è sintomo di una filiera inefficiente che procede ad un ritmo insostenibile, per invertire l’ordine delle cose è necessario ridare valore al cibo e attuare cambiamenti endemici in ogni fase della produzione e del consumo. Ma come?

  • Problema politico: le istituzioni devono stabilire le priorità, in termini di riduzione e di recupero dello spreco.
  • Ridistribuzione delle eccedenze alle fasce di popolazione in difficoltà, al nutrimento degli animali, alla conversione in bioenergia.
  • Equilibrio tra domanda e offerta di cibo, in modo da programmare le quantità di alimenti realmente necessarie e abbattere lo spreco.

La scarsa consapevolezza del consumatore può essere una causa ma non una giustificazione allo spreco alimentare. Servono interventi mirati e corali, pubblici e privati, perché non possiamo più sottrarci all’evidenza del fenomeno: sprecare non conviene.

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