Con il Taglio delle Tasse sulle E-Cig lo Stato Incasserebbe Più SoldiL'articolo di Giacomo Bandini per La Verità

Le accise sono una delle tante peculiarità italiane. Sono applicate pressoché ovunque nei prodotti a largo consumo: benzina, alcool, altre fonti di energia e riscaldamento, tabacco, e sono cresciute a dismisura nel tempo dal momento che ogni legge di bilancio e le conseguenti manovre correttive hanno cercato di racimolare le risorse necessarie proprio prelevandole dalle tasche dei cittadini.

Il 2017 non fa eccezione. L’Unione Europea ha chiesto al Governo Gentiloni una nuova manovrina e di nuovo si prospetta un aumento delle accise. Che cosa possiamo aumentare questa volta? La benzina non si tocca dicono dall’alto. L’argomento sta troppo a cuore agli automobilisti italiani. Toccherà di nuovo al tabacco.

Così il Governo intende racimolare una cifra pari a 83 milioni nel 2017 e 125 milioni di euro nel 2018. Ovviamente sono previsioni, ma visto che il settore del tabacco è in calo da le cifre non sono affatto una certezza matematica e il risultato potrebbe essere il frutto minimo di un mero esercizio contabile. Perché?

Tra le modalità con cui recuperare una somma di circa 200 milioni, secondo diverse fonti accreditate, la più probabile potrebbe consistere nell’aumento significativo dell’onere fiscale minimo con un impatto per le fasce di prezzo dai 4,20 ai 4,40 euro inclusi. Dunque la scelta potrebbe ricadere su di una penalizzazione della fascia di prezzo al dettaglio medio-bassa e, di conseguenza, anche un segmento di utilizzatori mediamente più “povero” rispetto a quelli di fascia alta. Non è difficile comprendere che si tratti dell’ennesima norma che si abbatte su redditi già poco propensi al consumo in generale e potrebbe rivelarsi poco redditizia proprio per le affamate casse dello Stato.

Esistono alternative? Sì.

La prima: distribuire l’accisa su tutti i prodotti del tabacco. Come? Con un aumento bilanciato dell’incidenza e dell’onore fiscale minimo che abbia un impatto equo per tutte le fasce di prezzo. Questa strada potrebbe essere efficace sul piano del ritorno per le casse statali, anche se andrebbe di nuovo a tartassare un settore già in crisi da anni (-8% di consumo nel 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016).

Un’altra possibilità potrebbe riguardare il settore del fumo innovativo. Mentre le sigarette elettroniche due anni fa finivano per essere vittime del fisco dopo il boom iniziale, alcuni dispositivi che riscaldano vero tabacco e non vaporizzano i liquidi, hanno beneficiato di un regime fiscale agevolato e, agli occhi di molti, iniquo rispetto a tutti gli altri prodotti a base di tabacco. Il tutto a vantaggio di un solo produttore.

Le e-cig invece hanno a carico un’imposta di consumo prevista per i liquidi da inalazione contenenti nicotina. All’aliquota è stato applicato uno sconto del 50% rispetto all’accisa dei tabacchi ed è ottenuta attraverso un assurdo calcolo di equivalenza fra sigaretta tradizionale ed elettronica. La storia delle sigarette elettroniche in Italia è piuttosto travagliata, fatta di tasse e battaglie in tribunale. Di certo c’è che i prelievi fiscali mirati, che non hanno generato gettito per via della diffusa elusione, hanno messo in ginocchio il settore che nel 2013 contava 8000 dipendenti e oggi supera di poco i 2000.

La domanda spontanea è: perché avvantaggiare un solo prodotto (e una sola azienda) che per di più utilizza tabacco vero e tassare le e-cig parametrandole alle sigarette tradizionali?

Da qui deriva una delle possibili soluzioni per la manovrina. Invece di intervenire su di un comparto in forte calo come quello del tabacco tradizionale, una strada percorribile potrebbe essere rimodulare le imposte di consumo sui liquidi delle sigarette elettroniche che contengono nicotina e allineare l’accisa che grava sui prodotti a base di tabacco cd. riscaldato . Con la prima azione il gettito stimato risulterebbe fra i 100 e 120 milioni di euro, mentre per la seconda è variabile. Basti pensare che, per ogni punto percentuale di persone che transitano dalle sigarette tradizionali ai dispositivi “a tabacco riscaldato”, lo Stato perde circa 65 milioni di entrate.

Sarebbe un’operazione sicuramente più equa che applicare un’accisa maggiorata solamente ad una fascia di sigarette, penalizzando diversi produttori, i rivenditori, ma soprattutto i consumatori.

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