Taxi Vs. Sharing Economy, Verso un Mercato Libero

L’idea di Competere

La Sharing Economy, almeno sulla carta, vale 572 miliardi (The cost of Non- Europe in the Sharing Economy, fonte Parlamento Europeo). Ma ha bisogno di essere regolamentata per garantire più concorrenza e quindi più opportunità per gli utenti, favorire l’innovazione, e tutelare gli operatori.
Provando a quantificare la spesa pro capite annuale che potrebbe essere rimpiazzata con l’utilizzo della sharing economy, il Parlamento Europeo ha stimato che si andrebbe dai 1.100 euro l’anno in Bulgaria, ai 14.600 del Lussemburgo, passando per i 7.200 dell’Italia. Non a caso è stato valutato anche il tasso di sottoutilizzo dei due asset che più facilmente si prestano ad entrare nell’economia della condivisione: la casa e l’auto. Se per la prima la percentuale è molto bassa, per la seconda i numeri sono impressionanti (in Italia le automobili rimangono ferme nei parcheggi l’88% del loro ciclo vitale).

Inoltre, secondo i dati UBS 2015 che riportano le tariffe in dollari di un tragitto in taxi di 5 km in diverse città del mondo, su 71 città considerate, Roma si trova alla 54^ posizione con $14, 2 a corsa, mentre Milano, con $17,3 alla 64^. Per essere chiari, la corsa media del campione costa $9,4.

I dati possono non essere immediatamente comparabili. Infatti è lecito pensare che le tariffe delle città dei paesi più ricchi siano più alte di quelle dei paesi meno produttivi in base alla qualità del servizio offerto. Il prezzo (relativo) di una corsa in taxi, un servizio non commerciabile a livello internazionale, dovrebbe essere infatti molto più basso nel paese povero rispetto a quello ricco, per effetto della minore produttività del lavoro in quel settore.

È una possibilità da considerare, quindi proviamo a rapportare il costo di una corsa in taxi al costo di una corsa di un mezzo pubblico, anche questo un servizio non commerciabile, il cui prezzo in ciascuna città è registrato nel Prices and earnings 2015 di UBS. Roma e Milano salgono al 60^ e 68^ posto rispettivamente delle città più care, con tariffe taxi che costano rispettivamente 9 e 11 volte il prezzo di una corsa su di un mezzo pubblico, contro una media di 6.3 volte.

I continui rinvii normativi per la regolamentazione contro l’esercizio abusivo del servizio taxi e Ncc legittimano il malcontento dei tassisti. La protesta e i conseguenti disagi non lo sono. Bisogna scendere a patti con un mondo che è radicalmente cambiato: le nuove piattaforme digitali mettono in discussione il servizio taxi per come è stato pensato fino ad oggi, assecondando la naturale tendenza verso forme di mobilità alternativa.

Il progresso tecnologico può essere fermato? Esistono già sperimentazioni di servizi senza autisti, con vetture a guida autonoma. Il problema allora forse va risolto in altra maniera, abolendo un sistema chiuso e studiando un modo per compensare almeno in parte i titolari delle licenze, ammorbidendo l’atterraggio nel mercato libero. Un mercato libero che poi andrà controllato seriamente.

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