Crescita del mercato “free from”, oltre 8 miliardi di euro nel 2023L'IDEA DI Erika Loh
- 19 November 2024
- Posted by: Competere
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- Negli ultimi anni, le etichette sui prodotti alimentari hanno registrato un cambiamento di tendenza: i prodotti con dicitura “con l’aggiunta di” sono diminuiti, lasciando spazio a quelli “senza”.
- Nel 2023, il mercato dei prodotti “free from” ha superato gli 8 miliardi di euro, con un incremento del 9,7% nelle vendite, nonostante un calo nei volumi.
- Mentre alcune etichette sono giustificate da reali esigenze di salute, altre vengono sfruttate in modo fuorviante. È il caso del claim “senza olio di palma”.
Vi siete mai chiesti perché oggi sugli scaffali dei supermercati troviamo più spesso prodotti con l’etichetta “senza” piuttosto che “con l’aggiunta di”? Se negli anni 2000, le etichette alimentari puntavano a valorizzare ciò che veniva aggiunto ai prodotti per soddisfare i desideri dei consumatori con ingredienti che promettevano benefici, oggi è l’assenza a fare tendenza. “Senza glutine”, “senza zucchero”, “senza olio di palma”, “senza sale”. I cibi “free from” sono prodotti alimentari formulati senza determinati ingredienti che possono causare allergie e intolleranze o che vengono evitati per scelte personali o consigli medici. Ma attenzione, non tutto ciò che è “senza” è davvero migliore.
Occorre infatti fare una distinzione: mentre alcune etichettature, come “senza glutine” sono giustificate da reali esigenze di salute e comprovate scientificamente, altre vengono spesso sfruttate in modo fuorviante. È il caso dell’etichetta “senza olio di palma”, che lascia intendere – senza alcuna base scientifica – che il prodotto sia più salutare. Questo tipo di etichettatura è problematico perché, con il suo messaggio ermetico e controintuitivo, suggerisce erroneamente che l’olio di palma faccia male, mentre le sue caratteristiche nutrizionali e sostenibili sono riconosciute. Se inserito all’interno di una dieta equilibrata, certo. Ma questo vale per qualsiasi alimento.
Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Immagino, nel 2023 sono stati venduti più di 14 mila prodotti “free from”, superando la quota di 8 miliardi di euro in fatturato in supermercati e ipermercati. Rispetto all’anno precedente, i prodotti “free from” hanno registrato un incremento del +9,7% nelle vendite, nonostante un calo del 3,5% nei volumi. Questo apparente paradosso è attribuibile all’inflazione che ha colpito il settore alimentare, portando a un aumento dei prezzi.
IL LATO OSCURO DEI “FREE FROM”
Nonostante i suoi benefici, l’etichetta “free from” può risultare ingannevole e confondere il consumatore. Il claim “senza” può indurre il consumatore a credere che l’assenza di un ingrediente renda il prodotto automaticamente migliore per la salute e/o per l’ambiente rispetto a quelli “con”. Altrimenti perché sarebbe necessario esplicitarlo?
Molti consumatori, per esempio, decidono di comprare prodotti “senza glutine” pur non avendo necessità mediche, pensando che sia più salutare. Ma per quale ragione il glutine dovrebbe risultare nocivo o meno salutare se non si è celiaci? Semplicemente perché i prodotti “senza glutine” appaiono più salutari di quelli “con”.
Questo fenomeno è noto come “effetto alone”, secondo cui i consumatori tendono a concentrarsi sull’etichetta piuttosto che sull’ingrediente assente. Di conseguenza, si affidano ciecamente alle etichette senza sviluppare una propria educazione alimentare.
ETICHETTA “SENZA OLIO DI PALMA”: UN’ILLUSIONE DI SALUTE E SOSTENIBILITÀ
Uno tra i prodotti più colpiti dall’effetto alone dell’etichetta “free from” è l’olio di palma. I prodotti “senza olio di palma”, infatti, si posizionano terzi nella classifica tra i prodotti “free from” più richiesti (Osservatorio Immagino), rappresentando il 2,9% dell’intero mercato “free from” e il 4,3% delle vendite totali. Al primo posto troviamo gli alimenti “senza conservanti” (7,9% delle vendite e 4,9% dei prodotti), seguito dal claim “pochi grassi” (5,2% di vendita e 3,6% di prodotti).
Nel 2023, i prodotti “senza olio di palma” hanno superato 1,5 miliardi di euro in vendite con una produzione pari a 2.513 unità. Rispetto all’anno precedente, hanno registrato un aumento del giro d’affari del +8,3%, ma hanno visto una diminuzione del -5,0% nei volumi. Nonostante un calo dell’offerta del -4,5%, la domanda è rimasta positiva, con un incremento del +12,8%.
Per quanto l’acquisto di prodotti “senza olio di palma” sia nettamente diminuito rispetto al 2018, il pregiudizio rispetto a questo ingrediente rimane ancora forte, come dimostrato dalla classifica. Eppure, come già emerso da uno studio di For Free Choice Institute, la maggioranza dei prodotti con olio di palma hanno gli stessi livelli, se non addirittura inferiori, di grassi saturi rispetto a quelli che vantano la dicitura “senza olio di palma” e risulta inoltre più sostenibile rispetto ai suoi surrogati.
COME CONTRASTARE LE ETICHETTE “FREE FROM” INGANNEVOLI
L’etichetta “palm oil free” risulta quindi intenzionalmente ingannevole con lo scopo di aumentare la vendita dei suoi prodotti e, ancora più grave, rafforza il pregiudizio senza basi scientifiche verso l’olio di palma, una risorsa su cui si basano numerose aziende di piccoli-medi produttori di numerosi Paesi in via di sviluppo.
Sebbene il volume delle vendite dei prodotti “senza olio di palma” sia in calo, rimane comunque elevato. Per accelerare il processo di cambiamento, è essenziale educare i consumatori riguardo agli ingredienti e alle loro implicazioni nutrizionali. Invece di scegliere prodotti “senza olio di palma”, i consumatori dovrebbero essere incoraggiati ad acquistare alimenti che utilizzano “olio di palma sostenibile”, che è prodotto secondo pratiche responsabili e ha un impatto ambientale minore rispetto ad altre alternative.
Inoltre, è necessario limitare le pratiche di marketing fuorvianti. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy sta lavorando per garantire che i produttori considerino le aspettative dei consumatori riguardo alle dichiarazioni “free from” e le loro conseguenze informative. È fondamentale che le etichette siano chiare e basate su evidenze scientifiche, per evitare confusione tra i consumatori e promuovere scelte alimentari più consapevoli.
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