Vocazione Globale, la Frontiera è l’OrienteL'articolo di Stefano Cianciotta per il Messaggero, 20 Aprile 2017

Una regione votata all’export, ma troppo dipendente dalle brillanti performance delle multinazionali che hanno scelto di investire da queste parti. L’Abruzzo, infatti, è da alcuni decenni tra le regioni italiane che vedono aumentare progressivamente la propria ricchezza prodotta grazie al contributo dell’export. Il dato, senza alcun dubbio positivo, è determinato in prevalenza dalla presenza di aziende non abruzzesi, soprattutto nella provincia di Chieti grazie al cluster dell’automotive.

Dal 1991 ad oggi l’export delle imprese che hanno sede in Abruzzo è cresciuto infatti più di quello nazionale (tasso medio annuo di crescita 7,0% contro 5,8%), facendo diventare la provincia di Chieti tra le migliori aree territoriali italiane in ambito export.

Questo maggior incremento è il risultato di andamenti diversi nel corso degli ultimi 25 anni: negli anni ’90 le vendite estere regionali sono aumentate ad un ritmo più sostenuto della media nazionale (+14,9% contro il +10,2% italiano), tra il 2000 e il 2008 hanno assunto un andamento crescente di minore intensità (+5,1% contro +4,5%), si sono contratte tra 2008 e il 2014 (-1,6% contro +1,3%), per poi riaccelerare nell’ultimo biennio (+2,9% 2015, + 4% 2016).

Le performance dell’export made in Abruzzo riescono addirittura a fare fronte anche alle battute d’arresto fatte segnare dal protezionismo Usa e dalle sanzioni imposte alla Russia dalla Ue, perché in prevalenza si rivolgono al mercato europeo (72%).

Le prospettive 2017 dovrebbero essere ancora migliori perché l’Abruzzo potrebbe beneficiare dell’ottima posizione che l’Italia ha guadagnato nel Confidence Index, l’indicatore che misura la propensione all’export di tutti i Paesi, che ha fatto guadagnare all’Italia tre posizioni rispetto al 2015, oltre alle prospettive positive di crescita delle imprese italiane che secondo Sace  aumenteranno quest’anno del 3,8%.

L’Abruzzo dell’export, nonostante questi dati significativi, ha delle lacune che devono essere al più presto colmate. A cominciare dall’apporto all’export delle imprese abruzzesi, che devono crescere in termini di dimensione per competere a livello globale. Deve aumentare anche la quota di export in Oriente, al momento limitata al 7% nonostante la crescita del 16% nel 2016 sul 2015, perché già ora tra Cina, India e Giappone si concentra il 50% del Pil mondiale. Sarebbe auspicabile, infine, una cabina di regia unica tra tutti i soggetti  coinvolti anche indirettamente sui processi di internazionalizzazione, come le Camere di Commercio attraverso il Centro Estero e la stessa Regione, per la selezione dei mercati, la scelta dei progetti e delle iniziative da sviluppare, e per evitare progetti e attività non integrate.

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